04 April 2010

Leggermente infelice, dicevo.



Ci sono vite completamente diverse.

Vite che sorridi, oppure che hai l'aria melancolica e non te la togli piu' di dosso. Resti intrappolato.
Vite che scrivi il diario e vite che corri, corri e non ti fermi mai.
Che non hai tempo, vite che ne hai troppo e si spreca.
Vite che aspetti e che ti fai aspettare.
Vite che ti chiudi in bagno e -ancora- aspetti.
Che piangi disperata e vite che ti viene la stupidera e non smetti piu' di ridere.
Vite che e' peccato.
Vite di diverso odore, puzza, sapore, colore. Pensieri.
Vite pedalando e vite a quattro ruote




Sabato.
Esco sotto la pioggia con il mio nuovo kway azzurro.
Salgo in macchina, continuo a sentire puzza. Milano puzza e ieri mi si sono formate quelle caccole nere nel naso. Me le ero dimenticate.

Vado a pranzo dalla nipotina, non succede spesso.
(Vite che per fortuna c'e' cosi' tanta speranza...)
Dopo pranzo ci mettiamo a fare disegnini da scambiarci. Disegneremo ininterrottamente per 3 ore. Siamo allegre, copiamo l'una quello che disegna l'altra. Solo che lei ha piu' talento.
(Vite che non hai mai imparato a disegnare, vite che non riesci a smettere)
Dico che i suoi disegni mi fanno pensare al piccolo principe. F. mi dice che e' una strana coincidenza, che proprio ieri sera degli amici le citavano il piccolo principe e che lei non lo conosce. Per me e' chiarissimo che ho una missione da compiere. Penso che sia bellissimo che questa mamma legga per la prima volta il piccolo principe con la sua bimba seienne.

Quando le lascio vado nell'unica libreria dell'hinterland che conosco. Chiedo alla ragazza al banco il piccolo principe, edizione illustrata per favore. Ne esisteranno non illustrate? Poi mi domando, che senso avrebbe? Dal retro mi raggiunge la voce del libraio. No, non puoi comprarlo alla tua eta', non lo capiresti. Sorrido. Lascia quel che stava facendo per venire a parlare con me del piccolo principe. Non e' per me, gli spiego tutta la storia: e' per mia nipote e sua mamma, io l'ho gia' letto. In quattro lingue vorrei aggiungere, ma non si fa. Non si fa eppure e' cosi' importante.
Mi fa cosi' piacere questa chiacchierata. Penso al blog di Viola. Gli dico: ne approfitto, mi consiglia un libro? Forse lo prendo di sorpresa, tergiversa. Mi propone La donna abitata di Gioconda Belli ed io capisco che me ne andro' via con un bel libro. Ma un altro, quello l'ho gia' letto e mi e' molto piaciuto.
Il libro te lo cerca la mia compagna, tu vieni a berti un caffe' mi dice. Entra in scena anche la libraia, che ha un aspetto cosi' dolce e rassicurante. Io invece mi sento in un turbinio. Vado a bere il caffe'. Confesso che i libri, i pochissimi libri che leggo di questi tempi, li compro su amazone. E' un po' inorridito. A me questo -di parlare del piccolo principe con il libraio- non e' mai successo, dico. Mi chiede l'hai mai cercato?, lo sguardo sembra duro, quasi mi stesse rimproverando perche' non sei venuta da me prima? Ero troppo infelice per parlare con il mio libraio del piccolo principe.
Gli racconto della libraia bloggher.

Quando torniamo, sul bancone ci sono 4 libri. Il primo della pila e' L'insostenibile leggerezza dell'essere. Sorrido. E' il libro piu' bello che ho mai letto. Non me lo ricordo. Io ho la sindrome da amnesia post libro. Ricordo solo lo stato d'animo che avevo prima, durante e dopo un libro. Non il libro in se'. Mi racconta che cosa ha significato per lei. E' stata come la chiave, dice. Ho desiderio di rileggerlo, la mia copia. Ma e' chiusa, inchellophanata in un armadio, ospite. Ho improvvisamente una nostalgia fulminante per i miei libri. Rinchiusi li' al buio. Come staranno?
Me ne vado col secondo della pila: L'ombra del vento Carlos Ruiz Zafón. Chiedo alla libraia se secondo lei i libri possono anche fare danni. Sorride come avessi detto una schiocchezza. Invece io sono seria, se i libri possono essere salvifichi, perche' non anche pericolosi?
La libraia mi piace molto. Il libraio mi ha detto di non chiamarla signora libraia. Il libraio e' comunista. Me ne vado rallegrata. Ci siamo rallegrati a vicenda, credo.
(Vite di sfortuna e vite che a volte vinci alla lotteria. Certo devi giocare.)
Uscita dalla porta vado d'istinto a sinistra. Poi mi guardo intorno. Mi sento come Alice che torna da Wonderland. Ci metto qualche secondo a riorientarmi. Dove sono. Dove devo andare. A destra, dovevo girare a destra, torno sui miei passi. Una macchia azzurra sotto la pioggerellina milanese.

Poi mi compro un rossetto rosso. Atomic red numero 12
C'e' la vita consumista, ma c'e' anche la vita che e' importante che tu i tuoi guadagni, vai in un posto dove si fa del mercato e tu fai a cambio: un po' dei tuoi guadagni per un rossetto atomico. E' cosi' incredibilmente importante.
Poi ho tradito le righe per i pois. Svolta a pois.

Provo a lasciare un commento alla libraia bloggher.
Scrivo ad Haccache ha amato molto il piccolo principe - e le racconto.

La mia giornata si chiude con questo circolo bizzarro.
Leggermente infelice ma vivissima. E rossa.



Per voi che pure volete bene al piccolo principe, come per me, tutto cambia nell’universo se in qualche luogo, non si sa dove, una pecora che non conosciamo ha, sì o no, mangiato una rosa.
Guardate il cielo e domandatevi: la pecora ha mangiato o non ha mangiato il fiore? E vedrete che tutto cambia...

03 April 2010

E.T.





Faccio le valige in fretta e furia, neanche minimamente pronta mentalmente al fatto che si parte, si va in un altro paese, si pseudo-torna in un posto che non si riesce piu' a concepire come casa.
Volando nell'aere invece entro in un particolare mood, tipo voglio fare 450 cose, vedere 540 persone, andare, vedere, fare e disfare. Appena atterro in terra meneghina invece, vengo fagocitata in un buco nero. Succede sempre cosi', alla fine. Passo tre quarti di venerdi in casa. A lavorare. Risolvo anche un bel rompicapo che era in sospeso, se non ho preso fischi per fiaschi. Fuori, al di la delle impalcature di una ristrutturazione che dura da anni e credo non finira' mai, il cielo e' blu, il sole e' splendente. Io tergiverso. Poi mi decido, esco fuori dal paesello, vado a Milano. Mi incammino alla metropolitana.
Fermata porta venezia, dalle impalcature a qui ci e' voluta un'ora esatta. Quite a trip. Scendo, in cuffia les nummer tweeëntwintig, mi metto a passeggiare per buenos aires, guardo le vetrine, la gente, vado su e giu. Mi sembrano tutti marziani, sono molto affascinata. Mi sento molto ragazza di provincia, fuori posto nell'abbigliamento e nelle movenze. Voglio un gelato. Sono perplessa dal fatto che posso entrare e chiedere un gelato in perfetta lingua locale. Mi compro uno strepitoso kway blu. Mi servira'. Mentre cammino, mi rendo conto che sono leggermente infelice. Voglio tornare a casa


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