30 January 2014

di insoddisfazione, coaching, burnout - venting

Avvertenza, il mode venting valve è ON.
Questo post lo ho fatto a pezzi senza pietà, ma lo stesso sa un po' di vulcano che erutta, lo posto lo stesso chè sono stufa di  bozze qui a marcire come faccio di solito, anzi, voglio liberarmene, persino in malo modo... se saranno rose -con i loro rovi- fioriranno e se ne parlerà ancora. Altrimenti, e benvenga, pace. Sciò.


C'è tutta una storia di matrioske, coaching, psicoterapia in una terza lingua, una storia che io ho promesso che mi racconterò. Ma poi la vita mica aspetta a te che non trovi le parole, quella preme per essere raccontata comunque. Quindi succede che qui mica stiamo ad aspettare che si decida, la me che vorrebbe raccontare le puntate precedenti, di come ha vissuto un burnout e ne è uscita, forse acciaccata. O forse è il burnout e la sua guarigione che ha lenito, come un balsamo paradossale, alcune delle sue ferite...


Che poi, anche nel puro ora, i racconti si intrecciano. Io che vado dalla dottoressa del lavoro e sono diversamente sincera per quanto riguarda le domande sulla soddisfazione nel lavoro. Poi riguardo al resto sono cristallina come il mare del primo mattino. E poi in mezzo ad un allagamento, che col lavoro ha poco a che fare, rifletto sulle ragioni per quella sincerità bugiarda

Il mio capo, generalmente buzzurro e direi mediamente antipatico e  sgradevole, ha un momento di illuminazione e ci tira in mezzo tutti che vuole fare un percorso di coaching. E quindi un coach verrà a parlarci e intesseremo un percorso di gruppo (!!?) non ancora ben definito.
Avete mai fatto un coaching? Significa che una persona, si presume qualificata a farlo, sta lì a sentire come stai, quali sono le tue prestazioni, se c'è qualcosa che non ti soddisfa. E poi ti da dei consigli, prova a suggerirti altri punti di vista, ti rivede dopo un po' e discute con te se ci sono stati progressi. Più o meno così. E può essere una cosa fichissima. Per quelli che ci credono e ci vedono un'utilità e riconoscono il bisogno. Fare coaching in un gruppo non tanto piccolo (14 persone) la vedo una cosa complessa e sono molto curiosa di vedere che ne salterà fuori. Se davvero il capo parte senza un là preciso, come ha detto, mi immagino molti silenzi e sorrisi imbarazzati...


Succede pure che in mezzo all'ennesimo fastidio che provo in relazione ad un collega che secondo una parte di me -lavorativamente parlando- non mi tratta comme il faut, prendo il capo a quattrocchi e gli dico che vorrei fare una seduta di valutazione. Come la facevo negli Stati Uniti ed in Olanda ed ho scoperto che qui no. Nelle mie esperienze precedenti una parte di quelle domande -tra le righe di tutto il resto che è più importante e concreto- le affrontavi col tuo supervisore. Senza timore di conflitto di interessi. Si presuppone che se hai un problema con lui, con lui tu debba riuscire a discuterne. E se non ci riesci le alternative di fondo ci sono, le risorse umane stanno lì dietro a tua disposizione. Ma col tuo capo ci DEVI parlare in maniera strutturata del tuo lavoro, del tuo rendimento, delle tue aspirazioni, una volta all'anno. Dove lavoro ora no. E' il medico del lavoro che pone quelle domande specifiche e così vaghe.
E quindi ho chiesto al mio capo questo spazio di discussione strutturato, mezza Lisa SImpson che implora ti prego dammi un voto, mezza Tafazzi, chè scrivere un rapporto di autovalutazione non è mica acqua di rose. 

Maledetta Squa che stai sempre appesa al feedback, pure quando del lavoro, in fondo, non te ne frega una beata minchia. Che poi sta qui il nodo di tutto, no? O no?
Mo' tocca che tra il coach e questa seduta di autovalutazione autoimposta qualcosa io dovrò tirare fuori. Non posso continuare a fare lo struzzo. Se nel primo caso non so ancora quali domande mi verranno poste, anche se le posso immaginare, nel secondo le conosco, me le sto ponendo da sola...


Poi la storia va avanti, ma io ho deciso che davvero mi voglio impegnare a postare corto e quindi magari un'altra volta...

E voi? Che effetto vi fanno le domande qui sotto? Siete felici del vostro lavoro? Sapete di cosa avreste bisogno per cambiare la situazione? Perchè il maledettissimo punto è quello, se non lo sapete -e io mica lo so bene- è proprio un pasticcio.







27 January 2014

una torta de vez en cuando

(ma non di compleanno)


Era fine novembre quando Pistacchio e io, decisamente emozionata, ci recavamo alla prima festa di compleanno a cui fossimo stati invitati nella vita sua bimbinesca, lui, e di mamma, io. Simpatiche sorprese degli espatri plurimi, dell'isolamento e dell'averci messo un anno a fare qualche amicizia... che non sia rimpatriata :(

Direttamente dall'uscita del nido ci infilammo in un traffico da bolgia dantesca per recarci alla festa. Pisti ripetendo come un mantra il nome dell'amichetto del festegiato Oa-Oa-Oa, un bimbo un anno più grande di lui, dal quale è rimasto come folgorato, Oa-Oa.Oa a tutto spiano, nonostante non sia per nulla ricambiato, ma per nulla proprio. Il papà-chercheur avrebbe dovuto raggiungerci lì, ma non pervenne mai a destinazione. Maledetto. Al telefono la sua voce pareva quasi canzonatoria. Ma chè davvero pensavi che sarei venuto? Finalmente un paio d'ore tutte per me e per giunta in casa mia... (ne vogliamo parlare? nessuno ne parla mai, forse perchè tutti hanno qualcuno che prelevi regolarmente la prole per passeggiarla? Noi che invece non abbiamo nessun passeggiatore di prole, che non sia uno di noi due medesimi e cioè io -a.k.a. Squabus- o lui, anche detto il chercheur... Ma quanto mi manca avere casa mia tutta per me ogni tanto?).



Il mio entusiasmo scemò abbastanza in fretta, sebbene fossimo arrivati all'orario previsto della festa più 5 minuti appena, seppur gli invitati alla festa fossero pochissimi (7), anche in virtù della condizione di ancor-più-fresco-espatrio della famiglia del festeggiato (ma 7 sono poi davvero pochi per una festa di 2 anni?)... seppur tutto e pur tuttavia, regnava già un discreto caos, alla nostra prima festa di compleanno. Un caos di fronte al quale Pistacchio iniziò subito ad andare in escandescenza. Aggiungiamoci poi che l'amichetto vicino e preferito del festeggiato, quel Oa, bimbo un anno più grande di Pisti, nonchè figlio di una donna che io amo, iniziò le solite scenette di rifiuto verso Pistacchio medesimo. Tipo: Pistacchio che si avvicina per prenderlo per mano e lui che fa come per sputarlo. Proprio così: io ti sputo! Una roba da prendere il cuore di una mamma e scuoiarlo vivo dalla tristezza. Il mio e quello della mamma del piccolo rifiutatore incallito, per altro donna da me adorata e a sua volta adorante Pistacchio. Risultato: ogni due minuti Pisti scoppiava in lacrime.


E quindi nervosismo. Insofferenza. Pessimismo e fastidio. E ad un certo punto anche voglia di basta. Che fare i Tafazzi della situazione, anche no, insomma. Facciamo festa se ci divertiamo, se no, anche no, mica ce l'ha ordinato il medico...

La farò corta (!?)... Pisti manifestava disagio a ripetizione e a tutto spiano. E io più di lui. Si è capito, mi pare. I toni medi erano gridati. I bimbi un po' impazziti e comunque affiatati tra di loro. I giochi continuamente oggetto del contendere. Che te lo dico a fare? Probabilmente un copione visto e sentito dalla notte dei tempi. Ma non da noi, emigrati e sfigati, alla nostra prima festa di compleanno. SOno lì che tengo Pisti rifugiato sulle mie gambe e maledico e benedico allo stesso tempo il mio blocco per il parchetto. Il mio avere deciso un giorno che il nido a quello serve: a socializzare. La mamma anche no, mica è obbligatorio. E che quindi io il mercoledì posso anche risparmiarmi di portarlo al parchetto visto che socializza 4 giorni a settimana e che a me provoca reazioni allergiche. Ma vedere sempre gli stessi bambini del nido è davvero socializzare? O è piuttosto come giocare con 13 fratelli? Alla lunga. 
In quel momento alla festa gridata sono lì con Pisti, attaccato alle mie gonne, mi dico che dovrò superare la parchetto-fobia ed educare mio figlio alla condivisione di luoghi e tempi con altri bimbi sconosciuti. Quanto è importante davvero questa cosa? Quanto è fondamentale che lo faccia io? No perchè ho un attimo i sudori freddi.
Fatto sta che, assoltami per il mercoledì, alla fine dei conti, la più parte delle volte nel week end le questioni sociali al parchetto se le gestisce il chercheur. Tana libera Squabus. Sono salva. Fino al momento della cazzo di festa (pardon my french), in cui -chercheur non parvenuto- mi ritrovo a fare fronte all'evidenza che non sono allenata a quella situazione e soprattutto che molto mal la tollero.




E quindi soffro e fatico, finchè sussurro piano al Pisti, 22 mesi di bimbo tra dieci giorni all'ora della festa: bimbo, quando vuoi tu andiamo a casa. Per tutta risposta, senza neppur lo spazio di un pensierino, il piccolo e deciso quasiventiduemesenne Pistacchio fa ciao con la manina a tutti e si dirige alla porta. Non è neppure la prima volta che manifesta con tanta determinazione di volere andare via. Va benissimo. Lasciami solo raccogliere tutto. Vuoi salutare i bimbini? Vai a dare un bacio a tutti?


    M a i
    p i ù
    i o
    t i
    c h i e d e r ò
    s e 
    t u
    v u o i
    b a c i a r e
    u n
    a l t r o
    b i m b o...
    I o
    t e
    l o
    p r o  m e t t o
    s t e l l i n a
    m i a.

Il bimbino rifiutatore di Pistacchi dolci e teneri, si ferma, sembra che stia accettando il bacio, ma sul più bello si gira e morde Pistacchio sulla guancia. Anche abbastanza forte. Pisti -stavolta più che comprensibilmente- piange, ma smetterà quasi subito, mentre la reazione della madre del rifiutatore morsicante, nonchè donna da me adorata, è fulminea. Lo prende, lo mette sulle sue ginocchia, gli abbassa le mutande e lo sculaccia, davanti agli altri, per fortuna pochi, due, bambini, rimasti. Poi lo porta via in un'altra stanza, lo chiude lì dentro e torna da noi. Si scusa, è cerea e mortificata.
Io sono pietrificata.


Le avevo sentito dire qualche volta al suo piccolo rifiutatore di Pistacchi: se no la smetti... te doy una torta. Era la prima volta che dalla minaccia la vedevo passare all'azione. E così il piccolo Oa, invece del bacino di Pisti, si prende un tortazo en el culo (e in omaggio anche qualche minuto solo chiuso in una stanza).

Sono talmente provata da una giornata di lavoro, il recupero nido, il traffico, la nostra prima festa con tutte le brave aspettative (che ingenua), Pistacchio così sensibile e instabile... che mi scappa da piangere pure a me, giusto un attimino. La verità è che da un po' ho perso il mio zen e non so dov'è finito e lo rivoglio, lo necessito, ridatemelo. L'è brutta la stanchezza.


Nei giorni successivi io e la mamma del rifiutatore ci siamo riviste un po' di fretta al lavoro, per i corridoi, poi in sala da pranzo, abbiamo chiacchiericciato, ma rapidamente, di altro. Finchè il giorno prima delle ferie, ci stiamo salutando, gliela butto lì. Mi spiace per l'altra volta... non ne abbiamo più parlato.




Però, adesso le parlo. POtrei benissimo fare finta di niente, non ho nessuna intenzione di pormi come paladina dell'anti-tortas. Pero lei mi piace assai e non riesco a farne a meno, quindi le sto parlando. Le confesso il mio stupore.... E lei è quel meraviglioso fiume in piena che tanto mi piace.
Una torta de vez en cuando no hace daño. 
Una torta de vez en cuando es la unica via.
De verdad, te lo digo yo, es la unica manera

La lascio parlare, della sua convinzione che la torta sia l'unica via, lei che, de verdad, è così tutto incredibilmente il contrario di quello che sta dicendo. Quando ha finito e solo allora, parlo io, mentre ascoltandola non pensavo di trovare l'energia. Invece ora mi sto ascoltando parlare.
Io parlo a lei fuori e intanto dico alla me dentro:
Ma che minchia stai dicendo? 
Fermati ora (...fermati adesso lascia che il vento ti passi un po' addosso...)

Lei resta ferma e salda sui suoi principi. Rispetta i miei e promette che mai più voleranno torte in alcuna situazione relazionata a Pistacchio. Che poi era quello di cui l'avevo pregata all'uscita della pietrificazione, quella sera stessa.
Ci diciamo anche che eviteremo di insisterli vicini e men che meno a baciarsi, che se vorranno si verranno loro incontro. Speriamo che il tempo...


Io mi sento un po' così, come una che ha parlato assai.

Spero soprattutto che avrò sempre la forza di rispettare questo principio che mi pare così lapalissianamente condivisibile. E invece non lo è affatto. E poi è così labile, il confine, che mi fa paura solo guardarlo. Ma bisogna.


Quanto alle feste di compleanno, alla bolgia, ai litigi, ai pianti, quella sensibilità, al voler andare via e tutto il resto... io ne ho parlato con una mia amica mamma. Soprattutto del timore di proiettare cose mie e solo mie su quel Pistacchietto lì. E lei mi ha detto di aspettare a vedere come andrà la prima festa   in cui Pistacchio giocherà in casa.... Ecco, sarà... qui manca moooooolto poco, ma avverto una leggera ansia. Leggerissima proprio.

14 January 2014

sono proprio io




è me stessa che osservo mettere aposto il camion dei pompieri, il coniglietto, le pentoline. Sono io che prendo una spugna e la passo sul copridivano. Poi sbarazzo tutto, metto i piatti in lavastoviglie, pulisco il tavolo, raccolgo le briciole per terra. Mi sento spossata, stanca, ma anche distaccata, di sicuro ho addosso una faccia molto scura. 


Quella mattina sono tornata al lavoro dopo le vacanze di natale. Sono io quella che parla col medico del lavoro per la visita annuale di routine. Per me è la prima. Sono sempre io che dico che mi paiono strane tutte quelle domande evidentemente volte a capire se c'è una situazione di mobbing o esaurimento. Dico che capisco che sarebbe un conflitto di interesse, ma che io ero abituata a che certe domande le facesse lo stesso capo, in occasione di quei bei bilanci annuali, difficili da fare ma molto utili per centrarsi, guardare avanti e darsi lo slancio.


Non dico che ho avuto un periodo di burn out. No, probabilmente non faccio per niente bene, ma voglio ricominciare daccapo, non ho voglia di una ramanzina su qualcosa che capisco molto bene. Su diverse risposte al questionario sono diversamente sincera. So che non va bene, che devo risolvere certe cose, ma ritengo di potercela fare.

Sono io, proprio io quella lì seduta mentre la dottoressa mi fa le domande di routine. Operazioni, malattie importanti nella famiglia. Diabete, cancro?

Mia madre è morta di cancro ai polmoni.
Che età aveva?
64 anni
Il y a beaucoup de temps?
Il y a deux ans y quelque, dico io. La mia voce è ferma.

Lei fa una certa faccia, come allarmata e dice: ah, da poco... Dice proprio così. E poi mi fa una domanda semplice, anzi la più difficile, con la voce più empatica che si possa immaginare.
E come va? Sei riuscita a  faire le deuil ?


Mentre sto pensando che persino in francese suona meglio che in italiano, sento i rubinetti che si aprono, io sono pura spettatrice, non posso credere ai miei occhi, non posso credere all'acqua che stanno perdendo. Forse piango perchè fuori da quella stanza sembra che nessuno riesca ad immaginare... che più di due anni non sono che un soffio, che no, non sono bastati. Non ci sono ancora riuscita.


Dal punto di vista idraulico ho delle attenuanti molto valide che possano spiegare questa improvvisa sovrappressione, aldilà del fatto stesso che fa già un'ora che chiacchiero con questa  donna. E che questa donna da circa un'ora sembra in qualche modo volermi stanare. E be voilà, tana per Squabus.

Quella stessa mattina Mezzo si è svegliato presto e non ha più voluto dormire. Siamo rimasti accoccolati sul divano al buio a raccontarci le storie fino a che non ha fatto luce. C'era la copertina di lana che mia madre aveva fatto per me neonata, con questa pataccona che sarebbe una lumaca, ma senza le antenne. Mezzo mi chiede cos'è. Lo sa, ma lo vuole sentire: è una lumaca. Per la prima volta... Gli dico l'ha fatta la nonna. Lui dice nonna A.. Per la prima volta dico al Mezzo il suo nome. No l'ha fatta la nonna Sissi.  Mezzo ripete soddisfatto nonna Sissi. Gli piace il suono, nonna Sissi.
Più tardi quella mattina mando una email ad una nuova amica che per l'ennesima volta mi incrocia increspata, triste. Mi dice che le dispiace che Montepello mi metta tristezza. Quale sciocchezza più grande...  Decido di allentare il sacco e tirare fuori qualche ragione. Le dico che ho un peso privo di parole sul cuore e che quel peso si chiama mamma.


Infine, infinitamente straziante, la dottoressa ha il volto di mia madre sul letto di morte, ma nella sua versione viva, sorridente e allegra.  La somiglianza mi dilania il cuore e deve essere quello il particolare per cui, in corrispondenza di quella domanda, si aprono i rubinetti. C'è una spiegazione idraulica molto convincente.


Sono io quella che torna a casa, cammina fino alla fermata del tram, invece di prendere l'autobus, poi se ne va a casa, senza tornare al lavoro, spossata e distrutta. Quel giorno Mezzo vedrà il chercheur far capolino dalla porta al nido.

13 January 2014

Sotto il prossimo!

Natale è un periodo critico. Bello per chi sta bene, difficile per chi non è sereno e in armonia. Natale ti mette di fronte allo specchio e ti costringe a fare la pace, dico io. E se non ci riesci son cavoli amari e bruttura forte.

Il mio ultimo natale ha avuto alcune cose migliori dei precedenti. Mio figlio sopra tutto. Un pizzico di consapevolezza in più e la voglia di andare avanti, anzi soprattutto oltre, che è diverso. E poi, senza ombra di dubbio, la rete. Queste belle donne e uomini con cui ci si incontra spesso in questa piazzetta virtuale. Si cinguetta, si chiacchiera. E poi ogni tanto una pacca sulla spalla al momento giusto, o nel punto giusto. Un'attenzione, un piccolo gesto, una cosa carina. Da cartolina nasce cartolina e poi tutto il resto, che non è mica poco, proprio per niente. Io sono contenta di aver messo da parte il mio proverbiale cinismo ed essermi messa a giocare. Un grazie di cuore va a Francesca e a Daniele ovviamente. Grazie a tutte le altre scrittrici di cartoline per avere giocato con noi!

Questa la raccolta di cartoline, da Francesca le parole


Buon attesa del prossimo natale a tutti :)
Sotto il prossimo che già homeno paura...

05 January 2014

Mille e una Cartoline da 'Tale


'Tale 2013



Natale e io non voglio odiare anche questo.
Le previsioni lo vedono più rosso che mai.
Il nonno, poi,  quest'anno ha fatto persino l'albero.

 
Natale e mi chiudo in camera da sola come un'adolescente per far passare la marea. Un papà che asseconda il mio istinto alla clausura. Che poi ha funzionato, passata l'onda anomala posso tornare in società e sembro anche abbastanza in forma.

Natale che dal nonno mi aspetta un pacchettino giallo. Dentro una lettera ed un altro pacchettino col nastro bianco e rosso, e io non vedo l'ora che Pisti scarti anche quello...

Natale e una passeggiata a Garabombo, un panino e le chiacchiere con un'amica. Natale che in fondo  quest'anno sono stata brava, come sempre impacchetto con la carta di giornale, per la gioia del disappunto familiare,  ma quest'anno il vezzo del filo di lana verde o rosso.

Natale e piccole promesse che sollevano dalla solitudine di certi pensieri e certi racconti che non riescono a prendere il volo.

Natale ed il Sudoku tutto sbagliato che non sono più come quelli giovani.


Natale ed arriva Natale, proprio lui, il protagonista. I nipotini riuniti, il nonno e gli otto chili di carne al fuoco e le troppissime pietanze cucinate. Prima che ancora crede a babbo natale, Secondo che non è più furioso e parla un po' come Verdone, il mio piccolo grande Terzo che oggi è lagnino, ma poi capirò il perchè e mi commuoverò, Quarto che patatosamente patata.. e me lo annuso tutto sperando nella magia e potere taumaturgico del nipotino spupazzato.

 
Natale ed una gita al mare noi tre due e Mezzo con altri due ed il loro mezzo che ci ha scaldato il cuore e poi fatti precipitare nella malinconia nostalgica di quello che non c'è. Pisti che legge il libro del NO col la zia, chiama con gli occhi innamorati Ita Ita e sembra pazzo di gioia di stare in compagnia.

Natale e realizare che in mezzo a tutti i blues possibili qui c'è anche il Toddler blues.
Natale e lasciare il Mezzo che dorme, attraversare un pratone per fare le chiacchiere. Ridere e riproporsi di vedere Non ci resta che piangere.

Natale e vedere comunque poco gli amici, lasciare dai nonni una sera a cena quello
Mezzo e non sentirsi esattamente al proprio posto. E fare un po' di pensieri duri che bisognerà tirare fuori...
Natale e due amici che si sposeranno... ed è bello, ma la cosa proprio tanto triste è che forse noi non ci saremo.


Natale, passeggio con Pisti per il quartiere del Paesello abbandonato, incontro frammenti di passato e sono sempre la solita fontana rotta. Natale ed un 31 triste, ma anche romantico, rimasti soli, anche a capodanno, ci rintaniamo, il
Mezzo dorme e noi mano nella mano stesi nel letto. E sapere che è mezzanotte solo dai botti.

Natale e la speranza che il 2014 non sia anche lui così. Che resti solo il romanticismo sgangherato, quello sì.

 
Natale e la prima tradizionale (io lo spero) passeggiata del primo dell'anno, una Squa, un Chercheur e un Pistacchietto a Milano senza passeggino, lasciato volutamente a Montepello..  'Tale che mal di schiena!
'Tale ed una pennica reale di 3 ore il primo dell'anno per tutti i due e Mezzo della combriccola.'Tale e l'insonnia del primo dell'anno, una chiacchierata di mezzanotte davanti a due camomille. Alcuni propositi folli e allegri, promesse e cose che si dicono solo a capodanno.
'Tale e i propositi miei e solo miei con i quali sto ancora dialogando...

'Tale e compro i semi di zucca aspettando la prossima marea. 'Tale ed un'ultima pizza in compagnia, questa volta anche se un po' titubanti, il Mezzo ce lo portiamo dietro. 'Tale ed il Mezzo mangia la sua pizza, sta seduto al suo seggiolone per quasi due ore con pochissimi capricci, poi corre a rincorrere Ita, pazzo di gioia, poi canta a voce alta O' Sole Mio.


'Tale ed un viaggio lungo lungo lungo ed al piccoletto sembra che inizi a piacergli brumma tu-tu-tu, che significa che la macchina corre (e lui si direbbe felice). 'Tale che questo Mezzo parla e canta il triplo di prima ed è pura gioia ascoltarlo e farsi raccontare le storie. 
'Tale e mangiamo la Gallette des rois e il re è il Chercheur e ci sta tutto!


'Tale che per la prima volta invece di pasta e pummarola ci portiamo in Francia amari e grappini. E mi pare metaforico. 
'Tale che neanche siamo arrivati, c'è in giro il pandemonio, ma cerchiamo di fare miglioramenti alla casa a Sans âme, anche se vogliamo lasciarla presto. 'Tale e quella mensolina là FaiDaTè (chè a me dire DIY mi sta un po' antipatico) che c'ha tutto il suo significato, che va solo cavalcato.


'Tale che per noi oggi finisce, chè in Francia la befana: non pervenuta. 
Tante tante tante cose belle a chi passa di qui !




Potrete leggere i post che hanno partecipato alla #cartolinadalnatale qui.
Avete tempo fino al 7 gennaio per partecipare, se ce l'ho fatta io, potete farcela anche voi!!
 



01 January 2014

Ciao 2 0 1 3, non mi mancherai

P.A.S. (Post Ante Scriptum)
Questo revival è stato un esercizio meraviglioso e facendolo mi sono accorta della meraviglia dei commenti lasciati dopo, quando il blog è scorso via altrove, ma quelle parole sono rimaste. Magia del blog. Se seguirete il revival (che mi è parso come uno di quei video put-purì, strappalacrime) e vi verrà voglia di lasciare una traccia nel passato, fatelo, vi prego...


2013, un anno intenso, durissimo, come direbbe Mario...

2013, l'anno della depressione bianca, che continua ancora, bianco sporco forse, o tinta pastello. Che quando la dico questa depressione, non viene creduta. Ma che dici? No no non sei mica depressa tu. [Ma se stai benissimo] mi pare persino di sentire. Eppure io proprio bene-bene non sto. Quel che hai è una depressione bianca, che comunque sorridi, vai a fare la spesa e giorno per giorno il minimo indispensabile. E tutto il resto è spreco, noia, tristezza, pigrizia atavica.


2013 l'anno che però ci provo, prendo, simbolicamente, un treno a caso, questione di provare. Hai guardato fuori dal finestrino, hai lasciato lo sguardo correre sulle vigne spoglie e abbandonate ad un sole assoluto e ghiacciato. 

L'anno del coraggio disperato... Laptop in grembo, ho pigiato sui tast: blog mamma montpellier. Zio Google è stato gentile con me, restituendomi in uscita tanta speranza e colore (...)
Del dire a Bianca ci incontriamo? Poi l'incontro, le chiacchiere, poi i saluti, i pensieri, i messaggi.


2013 L'anno della lotta alla timidezza, in cui spiego perchè non mi vergogno di abbracciare gli sconosciuti


L'anno che dopo avere fatto jackpot altrove e aver lasciato tutte le monetine nella slotmachine, aver voltato le spalle, verso altri lidi, ho trovato un lavoro nuovo. E non è mica poco. E proprio mentre trovavo questo lavoro nuovo, ho scritto tantissimo di parità e concilicazione, di genitorialità a quattro mani. L'anno che ho descritto in maniera logorroica cos'è un mamadag


Poi ho smesso di scriverne e mi sono fatta più frivola da una parte, tanto cupa dall'altra. Forse ho smesso di scriverne anche perchè, riguardo alla conciliazione, mi ha colto un pensiero amaro che non ho ancora elaborato e digerito, ma l'ho comunque scritto altrove, non sul mio blog -come spesso capita-  ma a casa di una persona che mi piace.


Correva l'anno 2013 quando invece ho deciso che mi merito di giocare anche io.
E  ho giocato e la frivolezza l'ho poi racchiusa in tante cartoline colorate e bellissime, nei racconti d'Olandia che ho voluto regalare a Francesca. Col cuore. E in nuove cartoline che verranno (entro il 7 gennaio! giocate anche voi!!).


2013 e ho ballato tanto con Pistacchio. Quella playlist è cresciuta un pochetto e dopo un po' di dimenticatoio è tornata in auge ultimamente, con Pisti che balla con le braccia e le ditina su e giù. Da un po' vorrei aggiungere My Sharona e non so perchè non ci sono ancora riuscita.


2013 anche su toni molto meno allegri, ho ho fatto tanto-tanto grieving (...) to grieve. E' efficace perche' e' un verbo, descrive un'azione. Cioe' tu sei li' e quello fai. Puo' sembrare che soltanto guardi fuori, cammini su e giu' per la stanza milioni di volte, mangi (troppo) cioccolato, vai al mare -quello li'- per una settimana e te lo guardi tutto, ti svegli all'alba e ti vengono i pensieri, esci e compri quel paio di scarpe, ti rannicchi sul divano e speri che i singhiozzi si calmino, vai a nuotare... ma quello stai facendo: you grieve. And I keep grieving (...)
Il cammino è ancora lungo, lunghissimo.


2013, ho creato il ripostiglio. Che è un posto proprio importante dove ci sono parole visibili ed invisibili. La sfida è tracciare quel che non riesco a pronunciare con inchiostro intellegibile. Sfida ancora più grande è scrivere nuove parole, non sempre le stesse ma in mille salse. Trovare nuovo senso. Riprendere il cammino. Trovare un nuovo senso.



2013 e per arrivare a certe mensole del ripostiglio parto raccontando una storia di burnout, che non ho ancora finito, ma continuerà qui, prima o poi...



2013 e il blog, finalmente per davvero. E si vede che è vero quando io credo di essere criptica e impercettibile. Poi all'improvviso, un senso di spossatezza e di vertigine. Non è successo apparentemente niente. Nulla si è mosso fuori. Solo, silenzioso, quel dolore allo stomaco. Come un pugno. Pedalando lasci sfogare una leggera sovrappressione. Un piccolo mancamento impercettibile. Invece c'è chi capisce a pieno cosa sto dicendo e si preoccupa per me. Grazie amica virtuale, lontana, ma vicina.  Grazie di non avermi mandata a stendere ed esserti presa la briga di chiedere e di spiegare.


2013 e gli amici virtuali appunto. Mica tanti, mica pochi. Giusti. Affettuosi, colorati, delicati. Belli proprio.

2013 e i blogstorming.  Mi sono un po' distratta da genitori crescono, per tanti motivi, in parte anche per la poca accessibilità da smart phone (deco andare a segnalarlo, ora che ci penso).


2013 piccole mamme crescono e fanno critica al mammacentrismo (parte prima).




2013 ed il librino preferito di Pisty [che nell'ultima settimana di dicembre ha potuto leggere con la zia che gliel'ha ce l'ha regalato] che mi ha insegnato come La sfida ai  propri limiti è una cosa seria, ancora più importante di una verità o una menzogna.



2013 ho corteggiato una donna bellissima che ora è amica mia.
(...) da quando sono espatriata, fare amicizie femmine ha preso gli stessi contorni emotivi del corteggiamento di un potenziale fidanzato. Mi emoziono, mi batte forte il cuore, guardo il soffitto prima di addormentarmi, domandandomi Starà pensando a  me? Le piacerò? Io le donne adulte che mi piacciono le corteggio. Ci flirto sperando di essere ricambiata. Le delusioni di un'amicizia che non nasce mi devastano anche più dei primi amori di adolescenza.  


2013 ho giocato un po' a calcetto. Quando ha sentito che persone dell'istituto il mercoledì vanno a giocare a calcetto, squadre miste, Squa le sono brillati gli occhi, come a Mila Hazuki o sua cugina Mimì durante una partita importante. Ferma, entusiasta, convinta, ha chiesto se poteva giocare anche lei.


2013 sono tornata  a recitare. Il fatto è che ci si prepara, ma capita che non ci si senta mai davvero pronti. Poi al momento della Prima le cose funzionano: vuoi perchè il risultato da raggiungere lo sai tu, ma chi ti guarda no. Chi ti guarda, lo fa con altri occhi, quasi sempre più gentili dei tuoi. Che poi, e questa è un po' la magia ...in realtà il risultato, tu che reciti, non lo vedi proprio (e in video non vale mica). Teatro è impegnarsi a fare qualcosa che sarà per tutti, altri attori in scena compresi, tranne che per te. E doversi fidare del ritorno. Una cosa magica.



2013, un anno a guardare i tram. Mi piacerebbe che qualcuno ci fotografasse, mentre ce ne stiamo lì seduti. Lui sul suo passeggino, io affianco, per terra. Restiamo  in silenzio, in attesa. Guardiamo i tram che dormono. Aspettiamo, speriamo che ne arrivi uno. E secondo me siamo bellissimi.


2013 e il toddler -e tutti gli altri- blues


Insomma a revival compiuto, mica male per essere stato un anno duro e difficile...
Salutando il 2013 mi ripeto una cosa che dice così:  le cose non possono toccarti finchè non ti toccano davvero...
Io sono qui. E faccio ciao con la manina