26 September 2013

La disperazione a 20 mesi

Volevo scrivere un bellissimo post sulle emozioni di Pistacchio. Ma ho perso l'ispirazione. Mi succede spesso ormai. Mi sveglio alle 5 ma non riesco a scrivere.

La cosa che più mi impegna le antenne mammesche al momento sono queste crisi di disperazione che vediamo nel piccoletto da qualche tempo. Da quanto? Da quando abbiamo smesso di compilare il foglio di ritmo le coordinate temporali se ne sono andate a farsi benedire. Non so più da quanto tempo. Da meno di un paio di settimane. Da più di una settimana? Ma poi che importanza ha? Vorrei solo che passassero oppure se proprio non possono passare, vorrei almeno comprenderne le ragioni e non andare pensando a briglia sciolta.


Pistacchio è esattamente a metà strada del suo ventesimo mese. All'improvviso gli vengono delle crisi di pianto disperato inspiegabili. Passino le crisi pre-pappa. Ha fame e c'è solo da guidarlo alla pappa e cercare un metodo efficace per insegnargli il concetto di pazienza. Any advice? 
Passino (si fa per dire) le crisi stile tantrum: gli si nega qualcosa che proprio non si può e lui attacca la frigna ad oltranza. Lì è frustrato e arrabbiato e noi sappiamo che non dobbiamo cedere mai e poi mai. Poi il riuscirci o meno è questione di funnambolismo estremo e l'elemento salvifico quasi sempre Sua Maesta Distrazione, deus ex machina delle peggio situazioni. Che dite? che il peggio deve ancora arrivare? No, io mi rifiuto di crederlo. Il peggio è qui e lotta contro di noi. Mi rifiuto di pensare al livello successivo finchè non arriva. On the bright side, ora ci beiamo del fatto che ha smesso di tirare testate per terra. Problemi, preoccupazioni, ma anche progressi, altrimenti ci demotiviamo.

Passino pure le crisi della sera, che si potrebbero catalogare sotto il comprensibilissimo concetto di stanchezza. Lo si coccola tantissimo, cercando di farlo rilassare, lo si guida amorevolmente verso la nanna. 


Ma quando il pianto inizia appena sveglio la mattina? Ha dormito pare sereno tutta notte, un paio di mattine il papà mi dice che l'ha sentito tossicchiare a più riprese qua e là nella notte. Forse allora non ha dormito bene e allora si spiegherebbe tutto. Chiama, poi appena mi sente trafficare per preparare il bibe aspetta paziente, ascolta. Finalmente, quando era più piccoletto e piangeva finchè non arrivavo con il latte, io non vedevo l'ora che arrivasse questo momento: la fiducia: mamma adesso arriva col mio latte, inutile che piango. Lo prendo, ci sediamo sul poang, sistemo il cuscinone lungo, si adagia col bibe in mano, prende un sorsetto e poi attacca a piangere e il pianto si fa sempre più disperato. La disperazione pura. IL bibe non è freddo, non è troppo caldo. Il latte è lo stesso di sempre. La mamma è la stessa di sempre. E sì che le poche volte che ultimamente si è presentato papà al mattino col bibe lui ha preteso la mamma, lì quanto meno un concetto chiaro e lucido: "(voglio la) mamma!" in barba al quattromanismo, ma questa è un'altra storia. Che sa di mammismo scoppiato a 20 mesi, voglio mamma, voglio la mamma e soltanto la mamma per il bibe del mattino. Ma poi anche voglio papà, voglio soltanto papà per quest'altro. Come a dire: non siete sostituibili. E c'hai pure ragione. Ma quella è tutta un'altra storia.

La cosa fastidiosa è che Pistacchio, che pure un certo grado di capacità comunicativa l'ha raggiunto, rinuncia a manifestare le ragioni di questo pianto. O se invece ne manifesta qualcuna è completamente illogica e va da tutte le parti. Prima punta il dito fuori dalla stanza, appena varchiamo laporta ripunta il poang. Poi mi dice in un lamento 'cacca', mi dirigo al fasciatoio per cambiare il pannolo, si dibatte come un ossesso. Vado in soggiorno, lui punta la sua stanza. Vado nella sua stanza, lui punta fuori.

NIente, pare non esserci niente da fare. Pare che lui voglia solo piangere. Ne usciamo solo, pare, grazie a Sua Maestà di cui sopra. A quel punto il papà si alza anche lui, anche se avrebbe volentieri dormito un po' di più. Ci prodighiamo entrambi in concitati Guarda la luna, guarda le nuvolette, guarda le macchine fuori. Se siamo fortunati qualcosa di impressionante ed altamente distraente ce la inventiamo. Pare funzioni che io gli parli, mi devo far venire una cosa da raccontare, gliela racconto e lui ad un certo punto si quieta, finalmente riprende il bibe e beve.  Nel giro di poco come se niente fosse la giornata inizia tra grandi sorrisi.
Fino alla prossima crisi.

E noi a domandarci: è stanco? ha le fobie diurne? saranno i denti quelli grandi che spingono? Gli brucia il sederino? E poi inevitabilmente... c'è mica qualcosa che non va al nido?
Dove stiamo sbagliando?

A tratti mi pare semplicemente che lui abbia bisogno di avere conferma che se piange verrà consolato. Quindi le coccole partono a grande volontà. Il papà dice che sono troppo mollacciona. Credo che invece sia grato di mantenere la parte del duro solo a parole perchè sa che io resterò fedele alla mia. A momenti ci sarà un nuovo risveglio, scaldo i sensori empatici, succedesse anche stamattina attacco subito a raccontargli la storia di quando è nato. Quella la conosco bene!


Mi stupisco ad essere nello stesso momento profondamente preoccupata e scossa dai suoi singhiozzi accompagnati a grossi lacrimoni, però al tempo stesso ferma nei miei gesti e nella mia voce, dolce e suadente con lui. Me lo avessero raccontato solo un paio di anni fa non ci avrei mai e poi mai creduto.


Alla fine l'ho scritto! Non è bellissimo, anzi è un post piuttosto brutto e inutile, ma ce l'ho fatta è venuto fuori e mi sento meglio. La prova che a volte l'importante è andare... 
Ora posto in gran fretta, che è quasi ora, torno poi a mettere i link e magari fare un po' di proofreading.

21 September 2013

L'osteopata

da qui

 L'osteopata è davvero un gran tocco di gnocco...

...questo al chercheur non l'ho detto. Anche perchè, alla luce di tutto il resto, il fatto che l'osteopata sia uno gnocco colossale passa non in secondo, non in terzo, forse, ma forse, al quarto piano o giù di lì. 
L'osteopata me l'ha consigliato una collega. Non ho chiesto dettagli, pur avendo io ormai una certa esperienza, lei ha detto è bravo, io sono mi sforzo di essere una persona fiduciosa e ci sono andata. L'osteopata è un uomo di poche parole e mi ha fatto poche domande. Dove fa male? Spogliati. Piegati in avanti. Nessuna battutaccia prego, che non tira aria.
Alle risposte, comunque, l'osteopata pareva non prestare ascolto alcuno. Ne ho avuto conferma quando ad un certo punto mi sono fermata e lui niente ha continuato a massaggiarmi la pancia, pareva mi massaggiasse gli organi uno ad uno, che io parlassi o non parlassi era uguale. Eravamo lì, io sdraiata supina, praticamente ignuda. Lui, seduto afffianco a me, mani sull'addome delicate ma intense, gli occhi chiusi, faceva movimenti inconsulti del capo. Pareva in trance. Me lo figuravo intento a raccogliere le energie negative dal mio ventre e scacciarle fuori. Ho chiesto se potevo continuare a parlare. Ha detto si. Ma io, meravigliata e perplessa, mi sono bloccata, sono rimasta zitta e a lui in effetti non gliene poteva fregare di meno che io continuassi a spiegare o anche no. Ogni tanto gli squillava il telefono, si destava dal trance e andava a rispondere. Oppure tra una manipolazione e l'altra mi diceva si alzi e cammini un po', mentre lui si assentava per qualche lungo minuto.

Avevo cercato di ripercorrere la mia storia più che decennale di mal di schiena, e che sospettavo all'origine di questo epidodio ci fosse la mia prima ora di yoga dopo molto tempo.  Ha farfugliato ben poche cose. Lo yoga scatena le emozioni. Ma va? E comunque è il fegato. Il problema è il fegato. Il corpo è un tuttuno e la mia soffferenza di schiena viene dal fegato. E che il fegato è legato alla collera. I polmoni invece alla tristezza (mi s'è stretto il cuore a sentirlo). Che altro ha detto? Che il caffè fa molto male. Anche il latte fa molto male. Niente altro. Era la prima seduta. Io mi dicevo: questo è uno bravo, la mia collega non sembra una sprovveduta. Ora mi spiega tutto meglio. Cosa devo fare, come prevenire. Pur perplessa ho atteso pazientemente rispettosamente il momento della spiega.

Una spiega che non è mai arrivata, mi ha congedato dandomi frettolosamente un altro appuntamento. Io sono andata via furiosa ruminando sul da farsi. Poichè sono mi sforzo di essere fiduciosa, e un po' di domande ce le avevo, sono tornata la seconda volta. Senza trovare in lui una maggiore disponibilità a spiegare. Anzi, una certa dose di seccatura, perchè mi fai 'ste domande, qui ci penso io, non mi tediare. Si, ma perchè il latte fa male? Perchè dice che il mio problema è il fegato? Perchè lo dicono i test.
Punto.
Cioè scusa che ci hanno fatto studiare a fare? A me, ma soprattutto a te? Niente, fior fior di studi buttati al secchio. Perchè lo dicono i test, dice l'osteopata.
 
Comunque niente, il mio pare proprio non essere un problema meccanico, ma viscerale. Il fegato è il fulcro. E che dopo le manipolazioni è normale che mi senta molto stanca e affaticata. Perfetto, indovinate come mi sento ora? Maledetto. Che poi non è che io non ci creda. E' poi vero verissimo che io nelle ultime settimane ho mangiato ancor peggio del solito, se possibile. Ho bevuto parecchio caffè, per lo più decaffeinato, ma anche no, ho mangiato quintali di cioccolato, mancato porzioni di frutta e verdura. Non è peregrino che il mio fegato sia sofferente. La collera, poi, qui non manca mai. Di ragioni per essere arrabbiata ne ho sempre trovate più che disponibili. Al momento, per esempio, sono incazzata nera, ma proprio nera,  perchè mi sono appioppata un osteopata che non mi porta con sè. Si è preso in ostaggio la mia prescrizione del medico generico e dovrò trovare un modo per dirgli, no amico mio, se è vero che dipende dal fegato è bene che io mi trovi un altro osteopata o similia. E se invece non è vero, allora è bene comunque che me ne trovi un altro.

Peccato perchè questo, se parlasse, sarebbe veramente, ma veramente gnocco.


P.S.
Scrivevo questo sfogo sgangherato prima del terzo incontro. Adesso sono in attesa del quarto. Non riesco a smettere. E' che comincia a giocare anche una questione quasi sociologica. Medico-sociologica. Mi incuriosisce capire che c'ha nella testa. La trovo anche una sfida alla mia capacità di essere assertiva. Al termine del terzo incontro l'ho affrontato in maniera più chiara. Sono scoraggiata, gli ho detto, è chiaro (?! bugiarda!) che lei ha un progetto in testa, ma io soffro di mal di schiena da un paio di decenni ormai e di fisioterapisti et similia ne ho visti parecchi. Affidarmi, non sapere dove stiamo andando e come ci stiamo andando non aiuta, mi scoraggia.

Quel che mi ruga è avergli detto della mia passione per il cioccolato. E che lui abbia sentenziato: cioccolato eliminato.
Sob.

19 September 2013

Incantesimo


Succedeva il week end scorso
Dal minuto stesso in cui tutti sono andati via e siamo restati soli, niente è stato più come prima. E non lo sarà mai più (almeno spero).

L'indomani Pistacchio dormiva, piccolo angioletto generoso. Se ne era andato a letto salutando tutti ruotando la manina col pollice piegato a forma di quattro, papà lo aveva accompagnato a baciare tutti uno ad uno,  piccolo rituale aggiunto di quando a casa c'è ancora vita ma per lui è l'ora della nanna, Alla quale per fortuna va comunque incontro con gioia Grazie, grazie, grazie Pistacchietto che va d'amore e d'accordo con Morfeo! E' stato bello vederti con gli altri bimbi, finalmente sorridevi giocando e distribuendo carezze e non soffiavi come un gatto arrabbiato, come l'ultima volta che era pomeriggio-Mamadag e avevo avuto occasione di vederti in compagnia. Dietro gli occhiali scuri, col capo cosparso di cenere, sussurravo sì, sono io la mamma di quel piccolo terrorista che grida appena un altro bimbo gli si avvicina.

Sono andati via e siamo immersi di nuovo nel silenzio, di queste pareti prima tristi e antipatiche... ma il prima è appunto prima, il dopo è adesso. Adesso sento echeggiare la risata fragorosa della Bella Sivigliana che tiene banco raccontando una delle sue storie. Poi alza il braccio, chiamando l'attenzione di tutti, e sentenzia a gran voce: Propongo que hagamos (...)  Potenza della natura, lei, allegria negli occhi della piccola, grande, combriccola. Otto adulti e cinque bimbi, di diverse taglie. Quello tra i più grandi, che fino a quel momento mi aveva solo guardato in cagnesco, finalmente mi sorride. Andando via mi stampa persino un bacio, e mi stende. Torna quando vuoi piccolo diavoletto musone, quando sorridi splende il sole anche nel mio cuore.

Le tradizioni hanno il loro senso. House warming party lo chiamano? Come si dice in italiano? Si dice? Comunque quel modo di dire anglofono trasuda verità. Vero, verissimo, si scalda la casa, le risate restano nell'aria, le pareti sono meno opprimenti e tutto sembra più luminoso e allegro, compresi i bicchieri della bonne maman.

Un paio di mattine prima avevo ricevuto una richiesta. Ho pianto empatica quella sensazione di solitudine. Una richiesta timida che ci ha fatto riempire un formulario con i nostri dati, miei e del chercheur, ovvero due quasi perfetti sconsociuti, per due genitori con i quali abbiamo condiviso una cena, un paio di passeggiate, qualche chiacchiera. Ci hanno chiesto di essere il loro contatto di emergenza a scuola del loro bimbo più grande. Non siamo soli ad essere soli e un po' sconfortati. In quel preciso momento ho deciso, ma in maniera fattuale, che non voglio chiudermi in una casa che non trasmette allegria a ruminare tristezza. Basta. 
C'era la festa di Sans-âme, ho mandato un paio di inviti scollegati, col retro pensiero Magari poi...

La mattina dopo sorseggiavo un te. Avevo ancora il sorriso stampato e mi godevo il ricordo di quel Magari poi... Sorseggiando il te ho aperto la posta e ci ho trovato un messaggio che... ma quanto piange Squa? Questa volta di gioia, almeno. Non sei pazza. Non hai le allucinazioni. Non senti cose che non esistono. Squa ed il Chercheur sono diventati selvatici, ma quando aprono la porta è per farti accomodare. Nel piatto non ci saranno prelibatezze sopraffine, pero' ci sarà qualcosa nell'aria che fa venir voglia di riunirsi ancora.  
Più tardi infatti, quella stessa mattina, altrove, eravamo di nuovo tutti e 13, riuniti, come se un'invisibile forza di attrazione ci avesse di chiamati. Che buonumore.

Poi é venuto l'entusiasmo e il voler fare 1000 cose per uscire di casa. Si é blocata la schiena, le stelline, il dolore, un bel po' di rabbia. Ma quella é un'altra storia.

(...) Fue de nuevo como estar en tu ambiente, con tus amigos, pasando veladas agradables. Ya ves, no estamos tan lejos, como a veces nos creemos, de tener una vida "integrados" (...)
Cit. La Bella Sivigliana

14 September 2013

In campeggio nelle Cévennes

Avevo già fatto le lodi del campeggio e di come ci ha rimesso al mondo. La mia cartolina per l'iniziativa #cartolinadallevacanze voglio che abbia il timbro proprio di quel campeggio lì.

Non abbiamo fatto vacanze ontheroad come la Patafamily, che ha macinato chilometri... Eravamo troppo stanchi e poco energici, avevamo bisogno di ricaricare le pile, come si suol dire. Ci siamo quindi immersi nel verde, total green, verde dappertuttto. Che bellezza. Undici notti in un'oasi di pace, sul fiume Hérault, in un campeggio parecchio babyfriendly: Isis en Cévennes. A 45 praticissimi minuti da Montpellier, un pochino più in là di Ganges, località Saint Julien de la Nef.

Tantissima ombra per il caldo del giorno, temperature parecchio fresche la notte, che hanno conciliato nottatone di sonno epiche per un Pistacchio dormiglione (lo sapevate che i bimbi non temono il freddo? Io no, stupore massimo).  Diverse semplici, bellissime, passeggiate possibili direttamente dal campeggio. Un percorso bello e breve come piace a me (3 km) per la mitica corsa al passeggino, a.k.a. inventati qualcosa per lasciare dormire papà ancora un pochino. Tante letture nell'amaca, l'amaca è un must per il campeggio. Il fiume con due spiaggette accessibili da dentro il campeggio. Stazioni lavapiatti immerse nel verde, ne abbiamo parlato con Robin di lavaggio piatti meditativo . Fontanelle d'acqua vicine alle piazzole, un bagno babydesigned con vasca altezza schiena-friendly per il bagnetto (come ho fatto a dimenticarmi di fotografarlo!!?? sgrunt sgrunt). Piscina e piscinetta ad acqua bassa per i piccoletti, l'acqua era bella fredda, ma non stiamo a sottilizzare.  Un giorno a settimana la visita di una massaggiatrice, mi pento di non aver approfitttato, mi immagino stesa lì in mezzo a tutti quegli alberi. 

Un paradiso.

Ho provato una app per i collage, forse mi son fatta un po' prendere la mano...
Vi piacciono?


Il campeggio



Un sogno per il futuro



Le passeggiate



Tipi da campeggio



Cose da campeggio

07 September 2013

Siamo strani, siamo selvatici



Non siamo più abituati che qualcuno pensi a noi e noi facciamo fatica a pensare agli altri. Appariamo egoisti. No, siamo, sfacciatamente, egoisti. Siamo diventati selvatici e diffidenti. Annusiamo i nostri simili ma ci teniamo a debita distanza. A fasi alterne e alternativamente. Se sono io non è lui, Se è lui non sono io. Perennemente, pericolosamente fuori fase. Finchè non arriva un piccolo shock e allora cerchiamo di ripartire con lo stesso piede. Noi tre soli. Ma facciamo fatica. Quanta fatica.

Noi non possediamo la tovaglia della festa. Abbiamo due sedie buone e altre due da battaglia. Abbiamo sei piatti di numero e tutti scombinati. Usiamo ancora i bicchieri della bonne maman per l'acqua. Se c'è il vino ci sono quei bicchierini rossi che ho comprato dalle vecchiette in Yperstraat. Erano belli, mi imploravano di adottarli ed io l'ho fatto, non senza una certa fatica. Non me ne sono mai pentita, anche se ho dovuto imballarli e spedirli per mezza Europa. Per il resto, anche se siamo vicini a dove sarà casa, noi non osiamo. Abbiamo paura. Non riusciamo a crederci. Bisogna crederci per andare all'ikea a comprare piatti e bicchieri e un po' di colori che facciano allegria.

Bisogna crederci. 

Come quando ero in Erasmus per soli 6 mesi in uno stanzino piccolo e nel primo week end decorai con immenso amore ogni angoletto di quel buchino . Ci credevo così tanto. Come quando scappai a Nizza dal mio amato chercheur e cominciai ad occuparmi della casa. Cucinavo fino! Com'ero giovane e piena di speranze. Ci credevo davvero un sacco. L'entusiasmo era ancora alle stelle quando organizzammo il rimpatrio delle nostre cose, che giacciono ancora impacchettate in un armadio. Ogni tanto mi appaiono in sogno. Le mie foto, i miei libri, i miei diari segreti. Riaprire quell'armadio  sarà uno shock, sono sette anni che aspetta. Volammo negli States per quasi due anni. Due anni importanti, di crescita, di tante cose. Eravamo felici quando tornavamo in Europa, spaventati di cosa ci aspettava. La vita in Olanda non è stata subito facile, ma io ricordo l'entusiasmo degli inizi. Perchè tornando in Francia ci ha abbandonato ? Forse perchè venendo qui non era tutto esattamente nuovo? Forse con un piccoletto è normale stentare a decollare? O forse perchè ci uccide il confronto con i noi che eravamo? O forse le ferite dell'animo stanno covando nel sottobosco dei pensieri...

Quel che so è che siamo parecchio malandati. Siamo così disillusi e sgangherati da non riuscire ad aprire casa a potenziali compagni di avventure. La casa come il cuore. Eppure in USA come in Olanda, gira che ti rigira, si finiva sempre a cena da Squa e il Chercheur.
Una volta a cena da Elle, l'amichetta e vicina di casa portoghese, ci fece trovare la tovaglia immacolata e la tavola imbastita che neanche ad un matrimonio. Glielo dissi che ero un po' in imbarazzo. Mi rispose che era più forte di lei, che non riusciva a fare altrimenti, forse mi disse che per lei era una cosa culturale, ma che era proprio per questo che adorava venire a cena da noi , perchè da noi si era sempre rilassati. Io le credetti, come potevo fare altrimenti? Era vero, era semplice lanciare un invito last minute, menu fisso: rotolini di spinaci, pizza, gelato al cioccolato, volendo affogato nel caffè. Sempre quello, si andava sul sicuro, ci si concentrava sulle chiacchiere. Parevano tutti a loro agio.

Ora invece mi sento a disagio ad invitare le persone. Ho conosciuto quel senso di vergogna e fastidio fin da bambina, e non mi piace. Ho bisogno di risolvere questa cosa, ho bisogno di riuscire a dire alle persone: Vuoi venire a casa mia? Ho bisogno che casa mia mi stia simpatica.
Si sta anche parlando di comprarla finalmente una casa nostra. Ma io ho paura che anche in quella che sarà casa mia questa maledizione non svanisca. 

Proprio quando credevo di essere riuscita a uscire da quella maledetta depressione bianca, o per lo meno di essere abbastanza sul piede ribelle per tenerle testa, ho capito che aveva già contagiato anche lui. O forse ne eravamo entrambi affetti ma ero troppo impegnata a sopravviviere alla mia quota? 
Come lo tiro fuori dalla depressione bianca se non lotta insieme a me?

Intanto, per esorcizzare la malinconia, cucino finocchi al forno.

06 September 2013

Come ti rado al suolo il quartier sans âme

Era mezzanotte ieri sera nel quartiere senz'anima, era una di quelle sere in cui tu vorresti dormire e incece sei a cena fuori. Ieri era il turno degli abitanti del terzo e ultimo piano. Dal nostro primo piano, a finestre aperte, si sentiva tutto, era come essere lì da loro, anche se il chercheur vi direbbe che il problema è che sono invecchiata, non c'è da crederci. Io dormivo, ma poi a mezzanotte non dormivo più. Ho lottato un po' contro il vociare e contro le mie orecchie, invitandole, supplicandole di non farci caso. Mi sono barricata chiudendo tutte le finestre, il vociare si è ovattato ma continuava a mangiarmi le cirivella, come si dice nella mia terra natìa. Allora sconfitta ho afferrato il telefono per twittare il mio sconforto. Volevo ritwittare il post sul quartiere che stavo maledendo e maledirlo a reti twittiche unificate. Armeggiando con l'applicazione mobile di Blogger, cerco il post e involontariamente lo elimino. Involontariamente proprio. Anche se io in quel momento  stavo odiando il mio circondario, quel post non è che lo volevo eliminare dalla faccia della terra. Anzi.  Ci tenevo fino a quel post, per me era come l'armistizio, era come dirgli "Va bene Sans-âme, anche se non hai charme, diventiamo amici lo stesso, saprò amarti nonostante gli intonaci che cadono, il via vai ottuso di certe ore del giorno, ma il vociare di mezzanotte quello però no, mi spiace." Però non mi assoggetto a questo moto della psiche che si ribella. Io quando firmo un armistizio ci credo, quindi voglio restaurarlo.

Stamattina mi alzo triste e trovo il pc ancora acceso, con la pagina di blogger aperta, nei post pubblicati c'è ancora quella linea, ahimè ormai vuota, di quello sono certa. Provo a cliccare su pubblish e ovviamente mi compare un errore. Ma quando clicco su edit, si apre magicamente la pagina giusta, provo a cliccare pubblish, di nuovo errore. Riesco però a copiare e incollare in un post nuovo le vestigia, neanche troppo malandate, di Sans-âme

Però i commenti con mia somma tristezza sono scomparsi nel nulla. Certo li ho ricevuti via email e potrei copia-incollarli tutti, ma mi pare un filino patetico. Però soffro perchè mi piacevano proprio.

C'era Bianca che si commuoveva, e io con lei...
C'era Daniele che mi parlava delle sue preoccupazioni per quest'anno di materna, mi parlava anche di Frittole e di quella canzone che a me fa tanto magone che fa e poi intanto si allarga la nebbia e avresti potuto vivere al mare. C'erano Francesca e Parola di Laura ottimiste come sempre  e LaChan che quasi me lo invidia il Sans-âme. C'era Bussola inquietata per l'emmenthal sulla pizza e  Valentina e i suoi ricordi di Ambilly. C'erano PetaloBlu e Il Frutto Della Passione empatiche sulla preziosità di quell'amichetta. 

Mi spiace tanto aver cancellato i vostri commenti. 

Intanto, Signor Blogger, ti prego facci il cestino per i post già pubblicati o eliminati per sbaglio, perchè io lo so che mi capiterà ancora.

01 September 2013

Le quartier sans âme salvato

Questo post è stato restaurato, dopo essere stato involontariamente cancellato in una notte di rabbia folle verso gli abitanti del Quartiere senz'anima, per gli amici anche detto Sans-âme.
I commenti purtroppo sono andati perduti :( 
La storia di quel lapsus è qui.

Alba sul quartier sans âme

Viviamo al confine tra la città e la banlieu, in quello che io chiamo il quartier sans âme, ovvero il quartiere senz'anima. Il quartiere senz'anima è una bolla di confine, nè carne nè pesce, nè città nè periferia. C'è tutto o quasi, a parte l'anima, appunto. 

In ordine di importanza: al primissimo posto ci sarebbe il nido, se solo avessero dato un posto anche a noi, maledizione. Invece il nostro è più in là, a 20 minuti di bici. Poi il supermercato, anche se un po' sgarrupato. La fermata del tram, preziosissima. La farmacia, la  boulangerie, un centro medico con 2 o 3 medici di base, fisioterapisti, pediatri e vattelàppesca. Poi c'è l'estetista che mi piace proprio parecchio, ogni tanto la vado a trovare. Poi c'è una sorta di campagnetta. Una volta saliti su, allontanandosi dal  quartiere, ad un certo punto sembra di essere a Frittole nel 1400, quasi 1500

Vista del quartier sans âme, andando a Frittole


E poi c'è un ristorante aperto a sera solo il venerdì ed il sabato e un po' tristonett, ma noi non ci lamentiamo. La pizzeria d'asporto affianco, la pizza anche se ha l'emmenthal invece della mozzarella, come è moda nazionale, non è malaccio. Due parchetti gioco per bimbi, che se mi passasse la parchetto-fobia rimonterebbero la classifica. Un centro culturale, dicesi Maison pour tous, ma che bel nome gli hanno dato. Ancora non ci ho messo piede se non per chiedere informazioni che poi non ho usato, ma verrà quel momento. Di fronte al quartier sans âme, divisi solo da uno stradone c'è un grande parco dove organizzano concerti ed eventi, ci siamo andati poche volte, chissà poi perchè. Preferiamo il silenzio della campagnetta. 

Vista di Frittole durante una corsa al passeggino
 :

Poi c'è il fioraio, la banca, il giornalaio/tabacchi, ben due parrucchieri ma io a loro ormai ho detto no! Da quest'estate i capelli me li taglio coraggiosamente da sola, saranno sgarrupati anche loro ma almeno sono come dico io. Non li metto per ultimi solo perchè per ultimi ci stanno l'ottico e la scuola guida. Fuori classifica le scuole materna ed elementare, ma solo perchè quando diventeranno utili per noi, spero saremo fuggiti dal quartiere. 
Dovesimo invece restare faremmo sicuramente domanda per avere un orto. Sulla parte alta del quartiere ci sono infatti viottoli che portano a piccoli appezzamenti di terreno, affidati dal comune ai cittadini. Mi pare una cosa bella e alcuni di questi orti sono affascinanti e ben tenuti.

I viottoli che portano agli orti a primavera. Quartier sans âme  


Tutto questo si trova nel raggio di appena un chilometro quadrato o poco più e alla modica distanza di 10 minutini scarsi di bicicletta, o 2 fermate di tram dalle nostre sedi lavorative. La praticità fatta a quartiere, quanto a questo non c'è che dire.

Dovrei menzionare anche il sole. Il quartier sans âme è assolato, come tutti i quartieri di Montepello e dintorni. 

Pioggia sul quartier sans âme
Arcobaleno sul quartier sans âme

Sole sul quartier sans âme



Par contre gli edifici sans âme non hanno molto charme, hanno si e no una decina d'anni, ma sono già un pochetto sgarrupati anche loro, ci hanno forse risparmiato un po' troppo su. Se i dirimpettai sans âme la sera d'estate cenano in terrazzo, è come se tutto il vicinato fosse invitato alla loro stessa tavola. Ci sono certe nottate di festa difficili. Abbiamo anche avuto notizia di furti e altra microcriminalità in giro per il quartiere. Tanto che ormai ci portiamo a casa i beni più preziosi.

Ombra di bicicletta all'alba sui terrazzi del quartier sans âme
L'accesso motorizzato al quartiere avviene pressocchè esclusivamente attraverso due strade, lungo le quali nelle ore di punta c'è un po' di ressa . Il nostro collegamento a pedali con il mondo dal lato del nido, dove c'è anche un liceo, è invece avvenuto finora tramite una magica dimensione spazio-temporale. 
Si trattava di una stradina di terra battuta che attraversava la campagnetta di Frittole, zona pedonale che era vietata alle macchine. Finchè sui giornalini del quartiere sono comparse notizie inquietanti su cose non ben precisate che accadevano lungo quella stradina, nelle ore in cui i ragazzini uscivano dal liceo, poco prima che io e Pisti vi pedalassimo al ritorno dal nido. Presumo a causa di questi avvenimenti non ben precisati, ho iniziato a trovare sempre una pattuglia della polizia ferma a sorvegliare. Finchè durante l'estate ci hanno asfaltato la stradina di Frittole e suppongo che da lì a partire da domani, quando riaprirano le scuole, passeranno le macchine. Per noi sarà un po' come quando Leonardo a cavallo di un treno, attraversa la campagna incontaminata di quell'altra Frittole. Siamo un po' tristi. Fortunatamente, affianco alla strada hanno battuto una seconda stradina che immagino fungerà da pista ciclabile, separata dalle macchine.

Leonardo in treno a Frittole, the original


Il quartiere senz'anima si svolge tutto in salita, in cima alla collinetta c'è uno dei due parchetti gioco, in pieno sole, senza un filo d'ombra neanche per sbaglio. Gli alberelli che sono stati piantati, forse una decina d'anni fa anche loro, non saranno sufficienti ad ombreggiare le ore di gioco dei piccoli abitanti del quartiere senz'anima, nemmeno tra 2 o 3 secoli, ho paura. Dalla cim della collina si vede la banlieu, anche detta cité. Palazzoni di 20 piani, casermoni enormi di cemento grigio, tutto malandato e poco curato.

La banlieu però ve la racconto un'altra volta.

Quando sono tornata a casa dal campeggio, la città intorno al quartiere senz'anima sembrava come l'avevo lasciata, più o meno. Solo più vuota e più sconsolata. Avevo trovato una amichetta preziosa. L'avevo proprio cercata, come esaudendo un desiderio e dalla lampada di Aladino una risposta di speranza. Non era sempre possibile incontrarsi, fuggire insieme al CentreVille e raccontarsi, ma poterlo fare era una cosa proprio preziosa. Mi mancherai tanto amica mia, questo pensiero è dedicato a te. Spero di leggere bellissimi racconti del tuo rientro a casa. Io sono qui, tra Frittole e la banlieu.