30 December 2013

Grazie Mario!

Questo post doveva intititolarsi Ciao 2 0 1 3, non mi mancherai e doveva iniziare più o meno così:

2013. Un anno parecchio denso. Duro e difficile.

Poi sono scoppiata a ridere mentre lo scrivevo perchè ho pensato al mio amichetto col quale condivido una passione sfrenata per Non ci resta che piangere. Tipo che lui comincia a citare il film e io rido come una scema e gli altri due ci prendono per il culo. Ma in realtà è che sono contenti di vederci ridere e forse tirano persino un sospiro di sollievo, Finchè ridono.... E ridono! Ridono talmente che hanno deciso che lui è Mario e lei Saverio (chi altri poteva essere?). Ridono talmente di gusto che il proposito più a breve termine del 2014 è rivedere quel film con lui per iniziare il 2014 tra grasse risate. 


Mario, il mio amico che ha voglia di ridere, mi ha detto l'altro giorno, massaggiandosi la schiena dolorante: Squa (buffo scriverlo, ma stavolta è vero, perchè lui, insieme a pochi altri, mi chiama davvero Squa nella vita reale)... Squa è stato un anno duro, ma proprio duro, durissimo. Guarda si, proprio difficile. Io sorrido, perchè Mario l'anno scorso di questi tempi mi diceva esattamente la stessa cosa. Uguale. Probabilmente l'anno prima pure. Ma no, Squa, quest'anno di più, credimi. Duro duro duro. E non è che Mario abbia voglia di lamentarsi. E' che è persona di sensibilità sopraffina e le cose le sente, non gli passano sopra. Con una sensibilità così le brutture della vita si sentono forti e chiare, nitide, come schiaffi repentini che poi lasciano la guancia dolorante a lungo. Ma poi pure le cose belle passano lasciando quel velo di malinconia e poca leggerezza. Però io, caro Mario, io ti vedo proprio bene alla fine di questo 2013 e lo dicevo giusto stamattina alla Teddy chattando, e quando vedremo Non ci resta che piangere lo dirò anche a te. 


Un'altra cosa ti ho già detto ieri sera, in questa strana cena per me -forse anche per il chercheur- fuori dallo spazio-tempo... perchè era un anno buono che non mi trovavo in una situazione così e mi ero dimenticata che cosa significa essere circondati da amici atavici, come li chiamo io... e alla fine è inutile girare in tondo a questo stato depressivo e cercare scusanti e ragioni. Questa è una delle ragioni principali. Essere privi di una cerchia di amici che ti sanno, nonostante le contraddizioni intrinseche. Parecchia contraddizione, perchè sanno qualcosa che non c'è più, in fondo. Ma c'è pur  sempre, per altri versi. E allora ti senti di nuovo piccola e scura come il brutto anatroccolo permaloso che eri, mentre il cigno che vorresti diventare, cerca posto, scalpita, si picca, pure lui. Ed è un gran putiferio. Di occasioni perdute. Di rimpianti. Di cose che non saranno mai più. Di nostalgie di mondi ormai inesistenti. Di cose che vanno lasciate andare, come lanterne sull'acqua (un po' come diceva Close in un bellissimo commento).


Te l'ho detto ieri sera, ma non so se mi ha ascoltato, che conviene che ti prepari al prossimo livello, perchè, ascolta a me, il livello 2014 è più duro ancora, ne sono certa. Sicura. Certificata.


 Questo post doveva intitolarsi Ciao 2 0 1 3, non mi mancherai, invece -a celebrare il fatto che è bello cambiare programmi, anzi in fondo è la cosa più bella che possa capitare, quando si ha il potere di scegliere- questo post ora si intitola Grazie Mario!

Ed è dedicato a Mario e alla sua compagna, che il prossimo sia il vostro anno ragazzi. Suerte!

29 December 2013

Toddler blues

Adoro la luce che c'è al tramonto nella cucina di mio padre.
La giornata volge al termine, la notte sta per sopraggiungere e la cucina rossa e arancione si tinge d'oro e di speranza. Sa di promesse e speranza per il futuro


Il presente, invece, ha un suono buffo che fa: Toddler blues.


Tante mamme sono state sopraffatte dal post parto, lo raccontano come un momento nero, un pozzo senza fondo. Io mi vergogno a dirlo, ma oggi mi faccio coraggio. Io non ho avuto la depressione post partum. Io ho avuto l'euforia post partum. Mi sentivo una leonessa, ero felice, centrata, allegra. Quella sensazione è durata fino al primo anno circa dopo il parto, quando ho smesso di allattare. Anzi è finita un poco prima, più o meno quando ho traslocato. Lì si è rotto l'incanto, ma ancora tenevo botta. Quando l'allattamento ha volto al termine c'è stato l'inizio della vera e propria caduta. Il pozzo l'ho visto nell'era del toddler, per così dire. Quando quello che era un baby è diventato un toddler che cammina e dice sempre e solo no. Che si sveglia presto e vuole compagnia. E all'improvviso non ama più stare da solo. E ti prende la mano e pretende che tu ti sieda vicino a lui. E che non puoi cucinare, perchè tu sei suo ostaggio, e non può esistere niente altro al di fuori di lui. La claustrofobia. Poi l'ansia improvvisa che gli è presa e al buio si paralizzava. E a letto non ci voleva andare. Erano i tempi della trincea. Dalla quale mi pare che lentamente, per molti versi, siamo usciti fuori, mi pare.  A botta di lunghe ore a giocare in camera sua insieme, a suon di baci e coccole e abbracci stretti. E canzoni. E storie sussurrate all'orecchio. In questo post-natale Pistacchio sembra finalmente di nuovo sereno, come lo ricordo. Nonostante dorma quasi ogni notte in un letto diverso dalla notte precedente. Nonostante veda tanta gente e non ci sia affatto abituato. Nonostante la sua mamma sia mica troppo troppo spensierata.


Insomma l'euforia post partum -almeno la mia- non era solo una questione fisiologica. Non era solo la biochimica della felicità e dell'allattamento. Quell'euforia là era sostenuta da una vita lieve in un paesino medievale, un lavoro bello che mi aspettava. Un nido allegro dove andare a piedi spingendo un passeggino e tornarci in bicicletta. La comodità di un paesino che lo avessero disegnato non poteva essere più vivibile.

Conciliazione.

Conciliazione non è solo una mamma, un papà, la prole, degli orari, una rete di aiuto al contorno. Concilizione sono servizi, e anche allegria. Anche una vita semplice. Con tutto ben disposto intorno che non si debbano fare i salti mortali per vivere. Che l'importante è vivere, non le attese in coda al confine tra un pezzettino di vita ed un altro.


E quindi credo che non ho avuto il baby blues anche perchè la vita nel paesino medievale era conciliante. Perchè avevo una rete intorno e ho a fianco un papà che condivide a metà la genitorialità. Perchè l'avventura è iniziata con noi al centro, senza interferenze e conflitti di interesse. Poi c'è stata anche una cosa fondamentale nella nostra prima settimana, in Olanda si chiama kraamzorg. La neomamma e il suo piccolo tornano praticamente all'istante a casa dall'ospedale. Il giorno stesso per parti senza complicazioni avvenuti prima del mezzogiorno, l'indomani per tutti gli altri casi. A noi toccarono 24 ore piene piene e abbondanti, nonostante Pisti sia nato alle 7. Dico con certezza che furono le 24 ore peggiori della mia mammitudine. Una famiglia era nata eppure ci ritrovavamo separati ed in terra straniera. Volevo tornare a casa al più presto, nonostante il terrore di quel che mi aspettava. Per fortuna ci aspettavano anche otto ore al giorno di kraamzorg: assistenza post-parto, a spese dell'assicurazione sanitaria. Che significa una persona che passa una giornata a casa della neofamiglia a fare attività di ogni sorta. Pulire, cucinare, rassettare, dare una mano nel ricevimento ospiti che è tanto di moda in Olanda fin dal primo giorno. Ma soprattutto, per i genitori alle prime armi, un corso accelerato di bimbitudine. Controlli quotidiani di neonato e neomamma. Peso, medicazioni. Spiegazioni varie. Primo bagnetto, che in Olanda fanno dal primo giorno, nonostante il moncone ombelicale sia ancora al suo posto. 


Al terzo (o quarto? non ricordo più) giorno dal parto, quando in seguito ad una piccola divergenza di vedute col chercheur scoppiai a piangere e non si trovavano più i rubinetti,  la kraamlady stava giusto per andarsene. Ricordo lei che si ferma sulla porta, con la giacca in mano, torna in dietro, afferra il libretto di istruzioni, che pareva il libretto dei compiti delle vacanze di un bambino di quinta elementare, con disegnini da compilare (quali curve del peso, temperature basali), spazi da riempire (poppate, diari giornalieri di cacche e quant altro). Apre il libretto a pagina x e mi mostra, vedi, lo dice anche qui: il terzo (o quarto?) giorno si chiama weepingday, gli ormoni cadono. Piangete tutte. Ma poi passa. 

Io non sapevo se ridere o piangere più forte. Neppure il beneficio della specialità mi si concedeva. Maledetta benedetta biochimica. Piangete tutte.


Ho scampato il baby blues grazie ad una congiunzione socio-geografico-astrale che mai più si ripeterà. Ora, pensavo, chi mi salva dal toddler blues?
Poi, il giorno di Natale ho visto la luce. Si chiama nipotino Secondo e ha 3 anni. Non vedevo l'ora che i cuginetti si riconoscessero ma allo stesso tempo avevo paura che Secondo, il nipotino pestifero mi corrompesse il dolce pargoletto che fu angelicato, già sulla via nefasta del toddlerume.


Hahahahaha
Il nipotino fu pestifero aveva 2 anni e ora ne ha 3 ed è un ometto versione mignon ragionabilissimo. Ci puoi parlare, chiedere collaborazione, spiegargli. E lui non solo capisce, ma accetta fino. Cioè lui accetta quello che gli dici e fa quello che gli stai chiedendo. Mirabile dictu. Il bimbino pestifero era Terzo a sto giro natalizio, ossia il mio. Secondo era quello coscenzioso e collaborativo. Quarto era il patato di 7 mesi che dove lo metti sta. E mia cognata preoccupata a dire quindi mi stai dicendo che l'anno prossimo tocca a noi *questo*. Sento deglutire. No perché si, ora capisco perché ti sento provata. In effetti è un filino impegnativo. Deglutisce di nuovo.


Ed io che mi dico che cazzo, in mezzo a tutto il resto, sono in un ciclone in effetti. E cazzo pazienza ci vuole. Pazienza e zen. Cazzo, cazzo cazzo. Ce la faremo. E poi che i bimbi fanno davvero del loro meglio. E noi dovremmo fare come loro. Deglutisco anche io. Il toddler blues passerà. E poi sarà la volta di un nuovo blues. E poi un altro ancora. 

Per ora mi godo questo tramonto.

La luce in fondo al Toddler blues



24 December 2013

dedicato a chi ci prova o ci proverà

Il problema del natale è che non c'è una via di fuga credibile. 
Restare inchiodati lì dove non vuoi essere toglie il fiato.


Cioè dove vai? Cosa fai? E con chi? A natale se devi fuggire you are on your own, non c'è alternativa.
Mi ricordo una vigilia di natale in cui quel ragazzino con i capelli lunghi mi aveva promesso una telefonata. Si dai ci becchiamo, ti chiamo. Si dai che bello! Ciao.
L'ho aspettata parecchio quella chiamata salvifica, ma non è mai arrivata. Quell'anno lì però non mi sono data per vinta. Ho trovato una via di fuga solitaria che forse non era credibile, ma era parecchio coraggiosa. Mi rivedo ancora lì, al buio, le lacrime agli occhi, ma tanto orgoglio nel cuore. Cinema Maestoso in piazzale Lodi, anno cosa? 1999 forse. Quale film? Non ricordo. Ventidueanni o giù di lì e l'esigenza di fuggire via. 


Credevo di aver smesso di fuggire, ma forse non è vero. Ho passato una giornata parecchio decadente, crogiolandomi tra pensieri abbastanza tristi. Ma va bene così. Guardo comunque  in faccia al futuro. Guardo avanti. Penso che se proprio mi tocca fuggire, almeno basta coi sensi di colpa. Se deve proprio essere fuga, che sia in allegria, non con contorno di patate e flagellazioni oggettivamente inutili.
Passo in rassegna alcuni propositi, oggi. Detesto fare propositi. Perchè raramente sono affidabile. Un tempo lo ero. Ero una roccia. Se decidevo una cosa andavo fino al suo fondo, la rivoltavo come un calzino finchè non era mia.
Poi forse ho fallito un paio di cose importanti. Ed ho perso la determinazione, la forza, l'entusiasmo. 
Invece a ventanni mi sentivo dio. Un dio triste e malinconico, ma dio onnipotente.


Ci sto provando a sorridere, a scherzare, a giocare. E mi stupisco parecchio di riuscirci in parte. Stasera però voglio pensare a chi non ce la fa. Dedico un pensiero a chi oggi  non ci sta dentro. A chi non ce la fa, a chi è schiacciato dal natale, dalle sue ombre pesanti. E da tutto il resto.
Dedico un pensiero soprattutto alle anime giovani. A ventanni certe cose sono molto faticose. Però non siete soli e se anche siete soli oggi, non lo siete in potenza. Non lo sarete un giorno, se la speranza sarà abbastanza.


Di propositi non ne voglio fare. Vorrei solo riuscire a fare mente locale e ricordare cosa mi ha portato di bello quest'anno, perchè pensare solo a quello che non mi ha portato è troppo semplice ed ingiusto. Soprattutto, più che propositi, voglio farmi una promessa. Voglio stendere una rete di salvataggio e voglio vederla sempre lì sotto, a ricordarmi che non deve essere per forza così difficile. E la scelta è mia.

E' ora di riprendere in mano quella matrioska che è rimasta in brutta copia tra le mie bozze. Tra l'altro, ne ho comprata una blu al mercatino di natale. L'ho comprata perchè mi faccia da promemoria che è ora di riprendere il cammino. Non sono arrivata abbastanza lontano e da sola non ce la faccio. Ho bisogno di aiuto e chissà forse anche di un supporto.   Credevo che avrei continuato a rifiutare di doparmi per stare meglio. Non sono sicura di sapere più le ragioni di questa mia testardaggine. Non so neppure se voglio ricordarmele. Invece ho deciso che mi arrendo. Lotterò come posso, ma poi mi prometto che se va avanti così io accetterò di modificare la mia biochimica. Il natale 2013 è il natale della resa. Mi arrendo. E decido di lottare, due facce della stessa medaglia. E' il fronte della battaglia a cambiare.


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Oggi ho simbolicamente preso in mano un sudoku. Ho iniziato a risolverlo, armata di una penna, rosso natalizio. In memoria di quel natale, che a giudicare dall'ironia che ci ho messo dentro, non era andato neppure troppo male. Lei stava bene. Lui era despota come normale. Succedevano cose. Avevo 30 anni scarsi e la mente ancora fresca. Il sudoku di oggi mi ha messo di fronte ai miei neuroni invecchiati. Oggi neanche io riesco più a risolverlo senza gli appuntini.

Quel post del sudoku è uno dei post a cui tengo di più in assoluto.


E oggi lo dedico di cuore a chi fa fatica. 

buon natale,
che lo amiate o lo detestiate,
che porti qualcosa di buono...

22 December 2013

vino e spumante a natale

Era fine maggio-inizi giugno. Pisti aveva quasi quattro mesi, lui, mio padre, era in visita nel paesello medievale. La mia scusa per convincerlo a venire era che Pisti iniziava il nido ed io a lavorare e che quindi una mano ci avrebbe fatto comodo. Non che non gli facesse piacere venire. Anche lui, come me, adorava il paesello medievale. Usciva di casa al mattino per prendere il giornale. Con 10 minuti appena di passeggiata tra i canali era all'edicola del centro che aveva i giornali internazionali.
Andava a fare la spesa nel piccolo supermercato sotto casa, poi ogni giorno esplorava una viuzza nuova, lungo i canali. Gli piaceva quella dimensione. Deve essersi detto: questo è il paradiso. Il fatto che ad un certo punto avesse lasciato la sua schiuma da barba, il colluttorio e si fosse comprato una tuta e delle ciabatte da lasciare nel cassetto dedicato a lui, nella casa in Fockstraat, la diceva lunga. Il messaggio era arrivato a destinazione: se voi mi invitate io verrò con gioia a passeggiare tra i canali e darvi una mano.


Indossavamo le giacche autunnali in quei giorni di fine maggio, come ogni primavera olandese che si rispetti faceva fresco e minacciava costantemente pioggia. Eppure quel giorno, mentre passeggiavamo, scoppiò un caldo improvviso, che sorprese noi e le nostre giacche pesanti. Tornammo a casa accaldati, io bevvi acqua, lui il suo te quotidiano, sorseggiato a tutte le ore. E alternato al jack daniels. Per fortuna in visita da noi nel paesino medievale limitava gli alcolici ai pasti. O almeno credo. Certo perseverava nella sua ostinazione di non pranzare nè fare colazione. Un solo pasto al giorno, a sera, e litri di te poco zuccherato, tutto il santo giorno. Un'abitudine che aveva da più di trent'anni, iniziata nei suoi primi anni di lavoro, per non perdere tempo col pranzo. Negli ultimi anni si erano aggiunte dosi sempre più massicce di superalcolici. A tutte le ore del giorno.


Quel pomeriggio eravamo nel soggiorno-cucina, era tornato anche il chercheur che ci aveva salutato ed era andato su a fare la doccia. Ci mettiamo a preparare la cena. Lui è ai fornelli, con una mano gira il sugo, nell'altro braccio tiene Pisti. Scuoto la testa, vado a recuperare Pistacchio dalle sue braccia. Cerco di essere calma e serena mentre gli dico che non è molto sicuro tenere il bimbo vicino ai fornelli. Tra me e me penso che non lo so mica se mi sta dando una mano o se piuttosto sta complicandomi la vita. Comuqnue sono contenta che sia lì. Da quando Lei se ne è andata ho potuto provare a recuperare il nostro legame. Quello di quando ero bambina, che a ricordarlo sembra la vita di un'altra persona, non la mia. 


Dopo pochi minuti lo vedo seduto al tavolo. E' pallido e un po' troppo immobile, davanti a lui l'immancabile tazza di te. Gli chiedo seè tutto a posto. Mi dice che non si sente molto bene. Mi allarmo. Se mio padre, che non si lamenta mai di niente, dice che non si sente bene, la cosa è seria. Vado a mettere Pistacchio nella sdraietta posata sul tappeto. Non faccio che sistemarlo, mi giro e vedo mio padre grigio, il volto ha preso un'espressione indicibile, una non-espressione in realtà. Si sta accasciando di lato, io quella non-espressione l'ho vista solo una volta in vita mia. Penso semplicemente che è morto. Grido con tutto il fiato che ho in corpo il nome del chercheur che in quel preciso momento forse è sotto la doccia. Grido e penso che non mi sentirà mai. Mentre urlo, scatto a sostenere mio padre, un secondo dopo comincia a vomitare una roba nera (sangue?). Per quanto forse sia allarmante, invece mi rincuora, penso che se sta vomitando non può essere morto. Non so se poi è proprio così, ma quel pensiero in quel momento scaccia il mantra tetro che mi martellava in cuore E' morto anche lui. E' morto. Mentre io sostengo mio padre, il chercheur chiama l'ambulanza e va a rassicurare Pistacchio, che, lui, piccolo angelo, non ha battuto ciglio e anzi continua a sorridere al nonno.

Poi non ricordo bene. Riprende conoscenza, lo facciamo sdraiare sul divano, arriva molto rapidamente l'ambulanza. Gli fanno delle domande. Lo fanno cambiare. La cosa mi aveva stupita. MIo padre appena collassato adesso è nudo nel mio soggiorno, si infila pantaloni e maglietta puliti. Ci caricano entrambi in ambulanza. Andiamo in ospedale

Passerà la notte lì in osservazione. Accanto a lui una donna picchiata dal marito, per quel che riesco a capire dei brandelli di conversazione che il mio olandese riesce a captare. 

La mattina dopo accompagno Pisti al suo primo giorno di adattamento al nido (!?). Ricordo quando avevo chiesto deglutendo. 
Ma come? E io non resto con lui la prima volta? 
Signora l'adattamento è per lui, non per lei.... 
Batavi...

Lascio Pisti e vado in ospedale. Gli faranno una gastroscopia. Lo accompagno, questione di tradurre per lui e ritradurre per loro il suo inglese un po' scarno.  Il dottore mi dice che devo aspettare fuori, ma di non andare via. GLi faranno un'anestesia che durerà un breve lasso di tempo, si sveglierà, ma sarà confuso e non ricorderà niente, meglio che resti nei paragi per rassicurarlo.


Aspetto. Finchè mi richiamano dentro. Il dottore mi dice che non è nulla di grave, ci sono delle ulcere, hanno preso delle biopsie e stanno facendo delle analisi, ma molto probabilmente non c'è nulla di grave. RAcconto al dottore delle abitudini alimentari di mio padre: digiuni prolungati, parecchio te e soprattutto molto alcol. Non credo di dovregli strizzare l'occhio per cercare una certa complicità, mi pare ovvio che gli farà una ramanzina, gli dirà di darsi una regolata, gli farà prendere almeno un piccolo spavento. Intanto mio apdre si è svegliato. Il dottore gli fa il riassunto. Io ricalco, sa il digiuno, il te, l'alcol.  Quell'idiota dice che nulla di tutto questo è correlato con l'ulcera. Che non c'è nessun problema e può continuare a mangaire e bere quel che vuole. Sono sbalordita. Non dico più nulla.


Ci mandano in un reparto, mio padre sonnecchia, poi riapre gli occhi ed è disorientato, mi chiede dove siamo, cosa è successo. Gli chiedo cosa si ricorda. Non ricorda nulla dell'esame, non ricorda niente del medico. Gli dico dell'esito, ha delle ulcere. Il dottore ha detto che devi assolutamente mangiare almeno 3 volte al giorno, limitare il te e soprattutto gli alcolici.


Ma nulla di questo è stato convincente per lui. Quella sera stessa ci scherzava su. Cosa che in sè non era neppure male. E' stato quando ha preso il vino dalla dispensa che sono esplosa.


A piangere.
E inveire contro di lui.
Papà smettila di scherzare...
 io ti ho visto morto.
Inveivo dell'altro che non ricordo, che se voleva continuare a farsi del male liberissimo, ma che io non volevo stare lì a guardare. Che lo facesse da solo, lontano dai miei occhi. Una cosa così.


Credo che mio padre mi voglia molto bene, e credo che abbia avuto pietà del terrore che ha sentito nella mia voce.  Dal giorno successivo non solo ha fatto colazione, pranzo e cena tutti i giorni, ha eliminato te e caffè, ma soprattutto non ha più toccato un bicchiere di vino o altri alcolici, se non in rare occasioni poche gocce di cortesia. Incredula ho domandato a chiunque si fosse seduto alla sua tavola se la cosa non fosse limitata alla mia presenza. Pare di no. A meno che non abbia sgarrato in solitudine, questo non posso saperlo.


Quel giorno ho mentito a mio padre e non me ne sono pentita neppure un minuto. Dopo avere mentito ho lasciato che vedesse il mio terrore, senza filtri. Mio padre da allora è diventato un uomo migliore. A poco a poco, passo dopo passo. Non è più l'uomo che era. Non è questa la sola ragione. Quella più grande è che ora è un uomo libero.


L'altra sera ci ha mandato una mail. L'oggetto era vino e spumante a natale. Era contento di farci sapere che le sue ulcere sono sparite e che il suo divieto sugli alcolici è stato rimosso dal dottore che gli ha fatto la gastroscopia.


Non ho provato gioia. AL contrario. Ho pensato che uno di noi avrebbe dovuto accompagnarlo e confabulare, di nuovo, col dottore o senza, nello spazio di memoria labile del dopo-gastroscopia.  Per preservare quell'uomo nuovo e difenderlo da quello che fu. 


Alcolizzati, si chiamano, quelli come mio padre fu.

21 December 2013

Cartoline dal Natale

Ricordate l'iniziativa della scorsa estate Cartoline dalle vacanze?  Ci eravamo talmente divertiti che che  abbiamo pensato di replicare per questo Natale. Oltre a Francesca, questa volta menzione d'onore andrà a Daniele che non solo si è unito allegramente a noi, ma ci ha proprio tirate in mezzo, come si suol dire nel milanese.
  


Venendo al dunque... avete voglia di condividere con noi una foto rappresentativa del vostro Natale?

Dice: ma come? Tu non eri quella che odiava Natale? 
Io continuo a non andarci troppo d'accordo, in effetti. Ma a due amichetti virtuali così energici e allegri non si dice mai di no. Quindi mi lascio trascinare, mi faccio accompagnare, voglio proprio vedere quel che succede. Ce la fate a farmelo piacere di più questo Natale? Fatemi vedere cos'è per voi. Io prendo  una coperta calda, una tazza di cioccolato e sono pronta a seguirvi...



 


Come funziona?

  • Se avete un blog e scrivete un racconto sul vostro Natale postate il vostro link alla fine di questo post di Francesca

  • Se usate twitter inviate un tweet esattamente come se fosse una cartolina: allegate una foto e mettete l'hashtag #cartolinadalnatale e indirizzatela a  @patatofriendly  @squabus e @babbonline inserendo il link al vostro post.

  • Se invece non avete un vostro blog ma volete lo stesso raccontare il vostro Natale inviate una mail con una foto a uno dei tre (squabus, Patatofriendly o babbonline, tutti @gmail.com)... se riuscite comunque ad inserire nella mail la tag #cartolinadalnatale ci aiuterete a filtrare gli input. L'altra volta avevamo il terrore di dimenticare qualcuno...


Avete tempo fino al 7 gennaio per farlo, poi le raccoglieremo per farne una mega-cartolina comune.
Potete sbirciare le cartoline in arrivo in questa bacheca Pinterest chiamata #cartolinadalnatale.

Credits: Daniele



07 December 2013

Canto sconclusionato dell'ultimo natale triste

Come va?

Va che ho l'impressione di avere sempre meno tempo, ma la voglia di scrivere è un po' tornata. 

Va che sono raffreddatissima da 2 settimane piene oramai e sono stanchissima e provata.
Va che però c'è il sole e l'aria è tiepida e vivere a Sud tira su il morale.

Va che stasera il chercheur parte e se ne va dall'altra parte del mondo per undici giorni. Non è la prima, non sarà l'ultima, e fa un effetto un po' così. Va che di questi tempi quei due sono tutti pappa e ciccia. 
Va che con Pisti, con santa pazienza,  avevamo recuperato la serenità del sonno.
Va che però poi ho fatto un paio di sciocchezze. Perchè avevo bisogno di stringere a me un bambolotto e ho finito per distrturbare quell'equilibrio, appena un attimo dopo che l'avevamo ritrovato. 
Va che penso che fino a oltre natale io ancora lo desidero quel bambolotto da abbracciare ogni mattina all'alba, che mi sta diventando troppo triste. L'alba, non il bambolotto.


Va che quindi il chercheur svolazzerà in sud america per conferenze e per una piccola vacanzina meritatissima, che spero gli faccia un gran bene.
Va che, grazie al cielo, qualche numero di telefono da comporre in caso di bisogno, di tristezza, ma anche di allegria, adesso ce l'avrei anche in rubrica.
Va che comunque viene il nonno a farmi da backup per una parte di quegli undici giorni. Va che la cosa in sè non lo so mica se si può tradursi in essere aiutata. Però dai non viene neanche solo.

Va che viene con la zia Susanna. 

Va che zia Susanna, la mia zia giovane e preferita, ha perso il marito, lo zio giovane e saggio, poco più di 5 mesi fa. 

Va che zia Susanna mi sorride per skype, per telefono e fino per whatsup chè è stata smartizzata anche lei. Mi sorride e dice cose allegre. Poi mi scrive queste email tristissime, che il cuore a leggerle ti si incrina e vorresti farti carico di almeno un pezzetto della sua disperazione. Parole di una tristezza normale e giusta e sacrosanta. Era l'amore della sua vita e io non ne ho visti molti altri così. Zia SUsanna era appena maggiorenne, quando fecero la fuitina. Se ne andò di casa, si sposarono. Nessuno della famiglia di lei andò al matrimonio. Credo che mio nonno lo vietò  Anni dopo dovette cedere ed accogliere il genero e le due nipotine in famiglia. Non poteva fare altrimenti, perchè si capiva già da allora che alla resa dei conti zia Susanna e il suo marito saggio sarebbero stati la coppia più felice tra tutti. Finchè. 

Va che zia Susanna mi scrive dicono che il tempo guarirà il mio dolore e invece mi sembra sempre peggio. Come glielo dico che 5 mesi sono niente? Che è anche probabile che il peggio deve ancora arrivare? E io neanche me lo posso immaginare cosa sia perdere l'amore così. Un amore in quel modo lì, che fai la fuitina e poi convinci tutti che hai fatto una cosa buona e giusta. 

Però so che negli ultimi due anni, ogni giorno, se mi fossi lasciata andare, avrei potuto recuperare il dolore più nudo e crudo, esattamente tale e quale al primo giorno. Solo un po' attutito, forse, come un grido sordo, ma il dolore è uguale. Preciso al primo giorno. Solo senza fiato. 
Va che a volte mi lascio andare.
Va che non avrò il coraggio di chiederle se sono riusciti a salutarsi. Che poi mi domando se questa ossessione del Saluto è solo mia.  


Va che mio padre e zia Susanna si sono appena messi in viaggio e arriveranno stasera tardi e sono molto emozionata perchè mio padre vicino a  sua sorella, la zia Susanna, è una persona migliore.
Va che dovevo fare un post a parte per zia SUsanna, che se ne merita anche cento. Invece sono in fase put-purrì. 

Va che, al di là di zia Susanna, comunque mio padre è proprio convinto sulla sua strada di redenzione. Mangia tre volte al giorno, non beve più. Davvero. Sorride spesso. Non è più nevrastenico, anzi, si affanna a cercare i regali giusti e ha persino comprato un albero di natale. Perchè dice che ormai i nipoti sono in un'età dove ha senso avere un albero di natale e tutto il resto. Questa cosa un po' mi ha commossa. Anche se mi sa tanto di scusa. E' lui che vuole recuperare il natale, per noi tutti, per sè, ed è giusto. Ora che i nipoti hanno in ordine crescente: sei mesi l'ultimo, quasi 2 anni, 3 anni, e quasi 10 anni la Prima (ovvero colei che ancora non si capacita di essere l'UnicA, chè anche l'ultimo arrivato è maschio).  Iniziamo ad essere una folta tribù. Sette adulti più quattro bambini, fa undici, una squadra di calcio, proprio come sarebbe piaciuto a Lei, che invece sta lassù negli spalti. Speriamo faccia il tifo.


Va che appena l'ho visto ho desiderato fortissimamente questo librino bellissimo per Pistacchio. E anche quell'alberello di stoffa, da appendere all'albero di natale di mio padre. E poi ai prossimi. Vorrei tanto che fosse mio. Come una bamboccia.

Va che voglio cose belle, voglio bei pensieri.

Va che sono stanca di odiare il natale

Va che, giustappunto, ho passato in rassegna la compilascion dei natali passati, quelli che ho diligentemente etichettato ioodionatale.

Il natale del 2006, in transizione tra Francia e gli USA,  ha avuto il primo ed il più bel post etichettato ioodionatale, scritto sotto il segno del sudoku. Talmente bello che nel natale del 2007, in cui tornammo in patria per le vacanze, potei solo evocarlo. Il natale del 2008 non era stato neanche male, chè, si sa, gli eventi tristi uniscono. Quell'anno lì era il primo natale che tornavamo in patria dall'Olanda. Il natale del 2009 auspicavo nuove tradizioni benefiche. Il natale del 2010 è stato il più devastante degli ultimi anni. PArtita con le migliori intenzioni e caduta vittima di esse, mandai tutto in vacca, infligendomi da sola la totale privazione delle cose di cui più avevo bisogno. Fu l'inizio della disillusione, del crollo di alcune certezze. Che in realtà non erano mai state così certe. Fu l'inizio della vita ancora più orsa. La caduta delle maschere.
Il natale 2011 non fu scritto, fu il natale del pancione grande e di quel dolore immenso nel cuore. Così profondo che non potevo permettermi di tornare 'a casa'. Venne mio padre e i suoceri e lo passammo in Olanda. Fu bello. Diverso. Il più bello. Poi, dopo natale,  per una volta noi restammo e loro partirono. E questo per un emigrato è una cosa proprio preziosa. Non dovere sempre essere quello che parte via. Non dimenticherò mai il capodanno, tutti nel Grote Markt a vedere i fuochi. Tutti che si abbracciano sorridendo. Io ed E., che quell'anno aveva perso il fratello, che ci guardiamo in lacrime e poi ci abbracciamo, in silenzio. 

Neanche il natale 2012 fu scritto. Fu il primo di mio figlio. Realizzai che attraverso di lui mi si costringeva a guardare in faccia questa cosa del natale. Mi sentii soffocare.

Va che sta arrivando il natale 2013. Nonostante tutto, io lo voglio scrivere con allegria. Voglio esorcizzare quel senso di soffocamento. Va che ci provo.


Va che, anche se forse  non centra nulla con tutto il resto, avrei anche voglia di riuscire a scrivere la fobia dell'armadio, perchè ci sono nel mezzo e vorrei affrancarmene una volta per tutte, o se non per sempre, almeno per un po', come già era successo, con un po' di aiuto.


Va che riscopro che le lacrime della rilettura di alcune cose scritte, no, non  mi fanno stare bene, ma le sento sensate. Le lacrime. E allora mi rileggo molto. E piove parecchio, quest'autunno. Poi leggo lei e mi domando quando ne sarò capace io? Ne sarò mai capace?

Va che a volte mi viene un desiderio inconsulto di aprire quella porta. Ma poi ho paura che ci sia un precipizio.


Va che, nonostante tutto, va meglio. O almeno credo.


Va che ora vorrei sapere..voi come va?

06 December 2013

Baby horror picture show

Una mattina prima dell'alba di un periodino un po' triste, dove i miei pensieri andavano sempre e comunque a parare ... il chercheur si alzò preoccupato per venire a vedere che succedeva. Sta forse singhiozzado? si sarà chiesto, uscendo dal letto e facendo capolino alla porta del salone. Io me ne stavo lì sul divano, di fornte al computer, cercando di soffocare certe grasse risate che mi stavano rimettendo al mondo.


Stavo usando la mia personalissima carta, immancabilmente vincente, per tirarmi su il morale. Guardavo una foto orribile di Pistacchio. Anzi non una foto. La foto, la foto più orribile che si possa immaginare di un bimbo. Eravamo nella prima casa di Montepello, quella di fronte lo zoo, col giardino di terra, quella dove il sole batteva solo 5 minuti al giorno e solo quando l'autunno aveva spogliato gli alberi. La cucina aveva una "finestra" sul salone. Era molto pratica, così quando avevo da cucinare, chiudevo la porta a vetri della cucina e sorvegliavo Pisti dalla finestra. Lui  gattonava senza sosta nel salone spoglio, con gli scatoloni in un angolo. evviva la salubrità, poi ogni tanto faceva capolino dalla porta e appiccicava il naso sul vetro.


E c'é questa foto che gli feci da dentro la cucina, lui visino appiccicato al vetro che é proprio l'essenza dell'orrore. Shining in confronto é un cartone della Pimpa. Pisti in sta foto è brutto, ma brutto da fare paura. E dopo la paura, da far ridere anche la persona più triste del reame. Foto perfetta per certe circostanze.


Quella mattina condivisi il momento di ilarità col chercheur, che soffocò le grasse risate con me, nonostante il mattino prima dell'alba non sia il suo momentomigliore. Gli dissi che mi sarebbe piaciuto lanciare sul blog un contest per la foto più brutta dei nostri pargoli, chè a mostrare foto bellissime siamo bravi tutti, ma é davanti all'orrore che la competizione potrebbe farsi dura. Ed io sono sicura di vincere.
Però, già s'è capito, Il chercheur che è uomo puro, probo e riservato, mi ha vietato di postarla, questa come qualsiasi altra, ma soprattutto questa. Nonostante Pisti sia irriconoscibile. Una maschera d'orrore trasfigurato dal contatto col vetro. Sostiene, oltre a  tutto il resto, che diffonerla è una mancanza di rispetto nei suoi riguardi. Mannaggia quanto è dura aver per marito una sorta di papa laico.


Quindi,niente, avrei potuto farvi ridere, invece ciccia.
...e se facessi di quella foto la cartolina di auguri di Natale ad amici e parenti? mmhuaaaaaaa

02 December 2013

Il marito dell'altra panchinara (e.c.)

Non si vive solo di sogni romantici, ahimè, c'é anche da portare a casa la pagnotta. E come ha solo accennato in un post che parlava di panchine, di sport, di grinta ed entusiasmo, per Squabus il futuro lavorativo non è che sia poi così roseo,  per lo meno là sul binario dove si trova. Dovrebbe scendere dal treno, tirare fuori la mappa e studiare una via di fuga. Invece se ne resta lì seduta, si impegna a fare il suo dovere quotidiano, ma per il resto, guarda fuori dal finestrino, si gode il panorama e la piacevole compagnia, aspettando che un miracolo la porti da qualche parte, anche se sa bene che così perseverando non andrà molto lontano. Ma quella del treno, comunque, è un'altra storia.

Per dire che Squabus non è l'unica panchinara, Qualche giorno fa sulle scale ne ha incrociata un'altra, con cui chiacchiera talvolta. Ha un bimbo di 18 mesi e uno di tre o quattro, è panchinara da ben più tempo e gira voce sia in gambissima. Tanto che, dovesse liberarsi un posto da titolare, andrebbe certamente prima a lei, che a Squabus.


Squabus l'ha incrociata sulle scale, mano nella mano con un biondino alto intorno al metro, ma era incerta se fosse il primo o il secondo. C'era in quei giorni uno sciopero contro la riforma degli orari scolastici (altro argomento parecchio interessante su cui prima o poi un post ci dovrebbe proprio scappare), di bimbetti se ne sono visti un po' bazzicare per l'istituto.
- Ma che bel marmocchietto! E' tuo immagino?
- Si. 
- C'è sciopero anche oggi? 
La panchinara dice che no, che suo marito aveva un impegno e quindi le ha lasciato il piccolo per un'oretta.
- Ma perchè voi niente crèche (il nido)? Niente nounou (la tata)
Dice:
- No, mio marito è homme au foyer [che sarebbe come a dire che è casalingo stay at home dad***]
- Ma per scelta o necessità?
- No no, per scelta, dice lei.
- Ah! fa Squabus

La panchinara, apparentemente, ha un'altra marcia in più. E se anche le altre sono così, Squabus è spacciata.


***Errata corrige
OK, non chiamiamolo "casalingo," che implica una durata indefinita del suo status e poi non è  nemmeno una bella parola.  Chiamiamolo stay at home dad

01 December 2013

Là dove dormono i tram

Andiamo su per Sans âme, ma invece che girare a sinistra per Frittole, proseguiamo dritti, verso la banlieue. Poi deviamo solo un attimo a sinistra e attraversiamo gli orti. Nell'ultimo tratto ci tocca scendere col passeggino lungo una scala, ma i gradini sono 'lunghi' e poi ne vale la pena,  così arriviamo alla meta di faccia, o come in un tuffo di testa. A capofitto.  Infine ci ritroviamo l'agognata scenetta davanti agli occhi, in tutta la sua maestosità.

Una volta giù dalla larga scalinata, infatti, ci troviamo davanti ai tram che dormono. Durante la settimana ce n'è che qualcuno. Per lo più quelli blu, con le rondini disegnate sopra (chè Pistacchio guardando il librino di Matisse preso in mediateca tutto contento esclama: Tam!) Nel week end invece pare che sono tutti lì, a riposare, una distesa di tram sotto i nostri occhi.


Mi piacerebbe che qualcuno ci fotografasse, mentre ce ne stiamo lì seduti. Lui sul suo passeggino, io affianco, per terra. Restiamo  in silenzio, in attesa. Guardiamo i tram che dormono. Aspettiamo, speriamo che ne arrivi uno.
E secondo me siamo bellissimi. Ma poi ha ragione il chercheur: questo blog è meglio di un album di foto. Ogni tanto gli leggo un vecchio post e lui, ogni volta,  mi ripete: questo è molto meglio di una foto! E allora io me la scrivo quella foto.


Non lo so più quando e come è nata questa passione per i tram. So che nelle nostre passeggiate per la campagnetta di Frittole, finivamo spesso proprio lassù, sopra il deposito dei tram. Un giorno mi scappò forse di dire che i tram stavano facendo la nanna (poi, tra l'altro, mi sono ritrovata spesso a riflettere su cosa implichi davvero la personificazione degli oggetti inanimati, se sia una cosa buona e giusta). Un altro giorno un tram arrivò al deposito. Fece il suo inconfondibile tin, poi si infilò in un tunnel per una doccia veloce, il tram-lavaggio, come quello delle macchine, però a grandezza tram. Uscì dall'altro capo del tunnel, per poi ritornare verso di noi, allinearsi con gli altri tram e, infine, addormentarsi, non senza aver fatto quel versetto tipico e caratteristico del tram che si addormenta.  Si vede che anche i tram hanno la loro brava bed routine ;)


Poi un bel giorno, nel mezzo di un tantrum di quelli tosti, mi ritrovai, questione di trovare qualcosa a cui dare voce, a descrivere al Pistacchio Furioso la scenetta del tram che entra dal cancello, si infila nella doccia, fa il giro e si ferma vicino a tutti gli altri a fare la nanna. Via via che raccontavo Pistacchio si calmava, appena finivo di descrivere la scenetta, lui subito chiedeva , che sarebbe a dire: encore e cioè ancora. E io, paziente, ripetevo dal principio. Intanto tra me e me pensavo:  Ma guarda tu che persino la routine del tram lo calma, che cosa curiosa. Il tram intanto fu proclamato Santo Subito. E probabilmente della sua potenza conciliatrice se ne fece un uso smodato e spropositato.

Fu così che ci ritrovammo, praticamente ogni santa passeggiata, seduti a guardare i tram che andavano a dormire. Ad aspettarli, a sperarli, a gioire se e quando uno finalmente si degnava di arrivare. Intanto di tram ne prendevamo anche volentieri, durante i nostri pomeriggi insieme. Ci facevamo portare, e riportare. Una volta, mentre tornavamo a casa dal centro, si sentì un colpo ed esplose un finestrino, quasi affianco a noi. Ancora ce la raccontiamo, io e Pistacchio, quella botta potente e lo scompiglio che ne seguì. Tam bum! Che poi significa La finestra del tram ha fatto bum! Per fortuna nessun ferito.



Intermezzo. 
Quando vivevamo in Francia, ma la prima volta, una sera, io ed il chercheur, allora fidanzatini senza prole, eravamo a cena da zia Mila. C'era anche un amico di Sciro, un tal Esse. Insieme al quale anche il chercheur era andato a pescare una volta, annoiandosi mortalmente. Questo ragazzo aveva una vera e propria fissazione per la pesca. Non faceva altro che parlare di quello. Raccontarono le avventure della loro ultima uscita, dei pesci che avevano preso, di quelli che avrebbero potuto. E passi, ascoltammo il resoconto, come si chiacchiera del più e del meno. Poi la conversazione deviò altrove. O almeno cercò, perchè di qualsiasi cosa parlassimo, Esse riusciva sempre a tornare alla pesca. E disquisiva dei pesci più grossi che aveva preso. Di quelli che sognava prendere. Finimmo a parlare del natale, Esse raccontò di quell'anno in cui suo padre gli regalò un peschereccio giocattolo e di quanto era felice. Io e Mila ci guardavamo tra lo scocciato e il divertito. Comunque lo ascoltammo raccontare del peschereccio. Poi la conversazione prese  a vagare ancora una volta. Chissà come e perchè finimmo a  parlare di segni zodiacali. Quando domandammo a Esse, diventato silenzioso, E tu di che segno sei? Quello di rimando rispose: Pesci... Io e zia Mila scoppiammo a ridere una di quelle belle risate grasse in faccia ad Esse, che ancora ce lo raccontiamo. Difficile ridere tanto di gusto. Quando Zelig ce l'hai vivo, vegeto e reale di fronte a te, restare seri è impossibile.


Ecco, questo per dire che Pistacchio coi tram è un po' come Esse con la pesca. E questo non è un complimento per il caro Esse, non che Pistacchio non sia un gran figo, è un bimbino fighissimo nel suo 22esimo mese. E per lui tutto è tram. I kapla, come i lego, sono tram che lui allinea pazientemente, uno di fronte all'altro. Matisse gli fa pensare ai tram. Il logo di Montepello lo fa gridare tram, perchè fa capolino sulla fiancata di ogni vagone. Anche le M di Montepello che ci sono in giro sui depliant: tram, anche se sulla fiancata non ci sono. Per dirla tutta anche davanti ad una pagina bianca lui è capace di esclamare: Tram! Talmente tanto e sempre tram che noi iniziamo anche a stufarci un tantino.

Anche la luna lo fa vibrare alquanto. Gli piace parecchio scorgerla nel cielo, prova soddisfazione ad additarla nei libri. Quando aveva iniziato a sospirare o nuna nuna, puntando al cielo, avevo buttato al chercheur:  
- Perchè non compriamo una di quelle lampade a forma di luna da attaccare alla parete? Visto che gli piace tanto. 
Il chercheur che è francescano dentro, fuori e pure di fianco, e dedica la sua vita all'ascetismo, alla purezza, alla rinuncia, per fortuna non al cilicio, ma poco ci manca... Il chercheur mi rispose, dall'alto della sua saggezza, o dal piedistallo del Saint-Exupéry de noantri:  
- Se la mettiamo nella sua stanza, la troverà sempre lì, finirà la ricerca, la gioia del trovarla nel cielo, la poesia. 
- Sarà, dissi io, niente luna sulla parete allora


Ma la luna, nonostante la sua aurea romantica, non può competere con il tram. E noi a dirla tutta a sentir parlare di tram iniziamo a non farcela più. Qui la campagna per la banalizzazione del tram quasi quasi inizia. Gigantografia di tram Montpellierano, per parete stanzetta, cercasi. Stavolta è il chercheur in persona a stampare i volantini.


Il post era stato pensato corredato di simpatiche foto. Ma magari un'altra volta, che è già tanto che riesco a postarlo...

29 November 2013

Comunicazione di servizio

Mi dicono dalla regia che ci sono problemi nel commentare.

No vi prego, se capita anche a voi, mandatemi una mail, ché qua già si é in letargo, che almeno ci sia un po' di posta quando mi sveglio :D
Mi trovate su squabus at gmail.

27 November 2013

Volver


Ho fatto il richiamino, sono andata a fare una passeggiata al di là della frontiera. Sono tornata in Spagna. Potrei riscrivere, di nuovo, parola per parola:



Il mio rapporto speciale con la terra di Spagna e la magia del richiamino è stato piacevolmente disturbato e "desintonizzato" dalla piacevolezza di una compagnia femminile.  Comunque, tra una chiacchiera e una passeggiata sotto la pioggia, ho respirato a pieni polmoni, ho riassaporato, ho goduto, ho ricordato.



Sbarcata a Barcelona Sans, ho rivisto come  in una foto - e quella foto esiste per davvero-  quattro giovini diociottenni-o-poco-più, seduti per terra, addentando un bocadillo de tortilla de patata. Correva l'anno 1995. Sbarcata a Barcelona Sans ho inziato a sorridere di un sorriso radioso che mi ha accompagnata tutto il week end.
Nei corridoi della linea 3 direzione Trinitat Nova ho cominciato a sentirmi come in un video musicale. Sorridevo, ancora e ancora, guardavo la gente, la musica era perfetta. Le persone camminavano veloci. Chissà dove. Voi gente che vivete nelle metropoli... (che io poi, tra parentesi, non lo so mica se potrei vivere in una metropoli.) Però voi, voi lo sapete che vivete come in un video musicale?


Poi mi sono ri-incantata per la gentilezza delle persone per strada. Per i sorrisi, la voglia di ridere. La simpatia. La solarità. La complicità con cui il perfetto sconosciuto ti rivolge la parola di fronte una cosa buffa. Il tu dato a tutte le generazioni, da tutte le generazioni. Mi piace, ed è una cosa di un simbolismo meraviglioso. Tu sei tu, non sei lei, non sei voi. Tu sei tu ed io lo so, non me lo dimentico e proprio con te parlo.

Parlare la loro lingua è la cosa più bella che so fare. Quanto alle parole. Poi, a malincuore, è la loro lingua, non la mia. Se mi chiedo qual è il mio sogno nel cassetto, forse posso rispondermi, con ironia, che è diventare spagnola. Dentro.


Ci ripenso con grande malinconia. Io ho voluto dimenticarmelo, ma da un certo punto in avanti ho pensato che era in Spagna che dovevo vivere. Posso fare finta di niente, fischiettare, cercare di trovare la mia nicchia qui, ma quello credevo fosse il mio destino. Per quanto provi ammirazione e rispetto massimo per la Francia, i francesi e il francesismo tutto, io forse non ce la posso fare a privarmi tutta la vita di quel non so ché che amo profondamente. Visceralmente. Che per lunghi perodi mi (cerco di) dimentico (are). Ma poi faccio il richiamino e torna tutto, come ondate prorompenti su una scogliera. Passione pura.

Con un leggero magone penso che ben due volte ci siamo trovati ad un incrocio della vita in cui le indicazioni dicevano: di là Barcelona, di là cittadina medievale olandica. E 4 anni dopo: di là, magari, se ci credi, nuovamente Barcelona, ma con un futuro incerto. Di là invece Montepello pronta che ti aspetta, col futuro delineato.
Montepello fu.


Non ho dovuto neppure varcare nuovamente la frontiera per ripiombare nello sfondo quotidiano
È bastato cambiare treno a Figueras. Ancora in Spagna, ma alla frontiera. Scendo dal luccicoso trenino spagnolo e mi dirigo verso il tgv. Sulla banchina pronti ad attenderci i controllori della sncf. Occhi al biglietto, labbra grige che non sorridono, svogliatezza del rapporto umano che resta professionale e non ti guarda in faccia, che non ha bisogno di empatia. Et vous? Vous allez où?


Mi sono seduta al mio posto, il treno è partito. Non ho potuto fare a meno di notare che andava all'incontrario. Mi son ritrovata seduta rivolta alla Spagna, mentre il treno procedeva in direzione Francia. Ho ripensato ai controllori grigi sulla banchina che mi hanno chiesto. Et vous? Vous allez où? Noi? Noi, chissà, un giorno magari emigriamo di nuovo.


Où est Squabùs?

26 November 2013

Fanculo la statistica

Lei è bionda, piccolina, gentile. Un tantino accentratrice e pure manipolatrice, sembrerebbe, talvolta, e nel senso cattivo del termine. Ma comunque una bella persona, cercata, rispettata, voluta bene.

Abbiamo lo stesso sogno. Non è un sogno che debba realizzarsi solo per una di noi. Non è che stiamo aspirando allo stesso posto di lavoro per esempio (quello è un altro faticosissimo discorso...) No, per questo sogno, la statistica potrebbe anche impazzire e distribuire due premi nello stesso momento, nello stesso luogo fisico. Ci divide un muro appena.


C'è soprattutto che io una volta ho già vinto e invece lei sta lottando da parecchio e con ogni mezzo che la scienza le mette a disposizione. E a me questa cosa incute un rispetto e una tenerezza assoluti.

Ogni giorno parliamo di lavoro e spesso anche di altro. Quando torniamo ai nostri affari, ci divide un muro, appunto. Io so della sua lotta, in seguito ad una serie di conversazioni stentate e goffe. Perchè io con le persone estremamente gentili, di quella gentilezza un po' aggressiva e diciamo invadente, ho sempre avuto qualche problema. Lei non sa nulla della mia. Pochi giorni fa ci siamo trovate sedute vicine su un autobus a chiacchierare. Mi diceva di quanto è stanca e preoccupata che non riuscirà a seguire le molteplici incombenze. Le ho detto che ora deve impegnare tutte le sue energie sul suo sogno. Che il resto resti un panorama sfocato. Le ho augurato con tutta la sincerità del mondo buona fortuna. Anche se, statisticamentre parlando, dovesse realizzarsi il suo sogno, magari il mio...


Continuiamo a staccare biglietti per la lotteria e a sperare. Potrebbe vincere una e non l'altra, magari entrambe, chi per prima? Non ci voglio pensare. Spero solo che vinceremo entrambe e presto e insieme. E fanculo alla statistica.

23 November 2013

sfumature autunnali

Autunno e inconcludenza. E mollezza. E leggero stato depressivo, in senso fisico più che emotivo. E un'inquietudine che non riesce a vestirsi di sorrisi anticipati. Quei sorrisi che indossati ti portano fortuna, scatenano catene di eventi positivi. Si vede che non li indosso con troppa convinzione. Si vede che chi è luna non può essere sole (quanto ci penso a questa cosa). Oppure si vede che magari non è tutta negatività del mio sacco, chè mi pare di essere come il povero gigante del miglio verde, se c'è da assorbire, io prendo, assorbo e porto a casa la peggio nefandezza, la peggio bruttura. E di questi tempi più che di proporre uno schema positivo, mi ritrovo a subire e fastidiarmi di quelli negativi, che mi appaiono nella loro accecante nitidezza. Senso di disgusto, di non appartenenza, di fatica estrema. Poi, quando incontro il sole, la voglia di vivere potente che certe anime belle riescono a conservare in ogni stagione del'anno. Io, sorridere, sorrido, di un sorriso leggermente increspato, chissà se si sente quel retrogusto amaro. Poi saluto con la mano e mi allontano. Mi isolo. Mi chiudo in casa. Mi ammalo, come oggi, che era tornato il sole a Montepello e io mi sono svegliata alle 2 distrutta e febbricitante. Cose da scrivere ce ne sono pure, invece mi perdo in bozze illeggibili, inconcludenti, insoddisfatte.  

Scrivo della microgita a Barcellona io e un'amica. Della nostalgia di Spagna che bussa di nuovo fortissimo alle mie porte. Scrivo di una Lei bionda con cui condivido le giornate e lo stesso sogno e io, che non ho mai amato la statistica, vorrei che lo realizzassimo entrambe. Perchè non ho voglia di essere felice vicino ad una persona delusa.

Penso che dovrò passare un po' di tempo da mamma single a breve e ne sono spaventata, visto com'è il periodo per me. Penso che tra pochissimo sarà Natale e io col Natale ho un rapporto devastante. Claustrofobia e voglia di fuggire.

Un gran istinto a mandare tutto in vacca. Un sentimento di non posso farcerla e di inconcludenza assoluta. Un desiderio di chiudermi in casa a doppia mandata e non vedere nessuno. Mi assale poi il pensiero desolante che gli assenti hanno sempre torto. 

Però leggo tanti blog. Non moltissimo, ma abbastanza. Leggo cose molto interessanti, ma non trovo la forza di dire la mia. Seleziono ogni post che mi piace come non letto e poi torno nel mio silenzio muto. 
Se questo post vedrà la luce sarà un ottimo segno. Ditemi che mi volete bene lo stesso...  prima o poi, al più tardi in primavera, ritorno...

12 November 2013

Persìno

Se siete facilmente *impressionabili* forse non é il post che fa al caso vostro. Scrivevo queste cose intorno ad allouin, quando avevo deciso che la sacrosanta dose personale di splatter me la volevo giocare così.


Ti sei svegliata di buonumore, in larghissimo anticipo, ma quella non è una novità. Oggi però sei persìno saltata giù dal letto fischiettando mentalmente quel motivetto accattivante. A momenti ti metti a ballare... Hai fatto il caffé, lavato silenziosamente ma allegramente la cucina, passato la pezzetta in bagno. Hai caricato la lavatrice e puntato il timer all'ora giusta per poter stendere i panni appena rientrata dal lavoro. Quella fregnacciona di flylady ti spiccia casa (ecco, magari...)

Hai scritto a lungo, a tutti, su tutto. Email, post, to do list, persìno la hit del momento: la to say list. Tipo: devo assolutamente raccontare alla collega questa cosa che mi dimentico sempre...
Hai letto i tuoi blog preferiti, ridi di gusto o ti commuovi con trasporto, quando le emozioni sono forti. Empatia massima.


Quando la piccola belva ha cominciato a chiamare, hai risposto con suoni d'amore, l'hai tirato su dal letto delicatamente, lo hai riempito di baci, nonostante i mille mila decibel che ti ha diretto nell'orecchio destro. L'hai seduto accanto al microonde mentre preparavi il latte e l'hai fatto ridere con la sola imposizione del tuo sorriso. Gli uccelletti fuori cantano gioiosi, le nuvolette sono di panna, persìno i netturbini caciaroni che passano sotto casa, che di solito fucileresti seduta stante, ti fanno simpatia.

Leggi con la belvetta i librini del buongiorno, gli fai il solletico sotto il collo, sulle ginocchia, sui gomiti. Gli cambi il pannolo con una mano. Giochi un'ora insieme a lui con i lego e ne vuoi persìno ancora. Prepari la colazione per tutti, poi svegli dolcemente il tuo compagno ricordandogli che tra un poco dovresti uscire e lui darti il cambio.


Esci svolazzando, sei allegra, pimpante, energica. Chiacchieri con la collega mattiniera, le dici quanto da to say list, prendete il caffè, o meglio lei il caffé, tu una tisana, chè di energie ne hai già abbastanza in corpo, si potrebbero distillare bevande altamente energetiche dal tuo sangue, per chi ne avesse bisogno. Metti su 5 esperimenti in un sol colpo e intanto telefoni a quella compagnia perchè vorresti provare quel kit, ma non sei sicura. La tizia ti dice che sei cosi' simpatica e metti così il buonumore che ti manda subito dei campioni da provare e totalmente gratis.

Sbrighi l'intera to do list delle due settimane precedenti. Fai su e giù dalle scale 50 volte. Di solito ti domandi imprecando perché hanno messo la mega-centrifuga al primo piano e il sonicatore nel sottosuolo? Oggi invece la vedi come un'opportunità per essere sportiva e aitante. Oggi ce la fai, oggi non c'é problema.
Ti chiedono aiuto con questo e con quello, tu dici sempre si. E sorridi, non smetti di sorridere, ti brillano gli occhi. Risolvi tutti i problemi. Oggi sei la perfetta mamma del labò. Ti prendi cura di tutto e tutti e le coccole dei colleghini gentili. Persìno quel gran buzzurro del tuo capo oggi ti fa i complimenti.

Incroci il fattorino di fedex (gran pezzo di figliolo tra parentesi), attacchi bottone nel tentativo di capire una certa cosa (noiosissima questione di campioni che non devono mica viaggiare oltreoceano, eppure ogni volta arrivano scongelati). Quello oltre che gnocco si rivela persìno utile, ti da un paio di dritte, e ti sorride pure, abbastanza giulivo. Persìno.


A mezzogiorno corri dall'osteò (la giornata dello gnocco?!). Ti sei dimenticata la tessera del tram. Chiedi al conducente se è grave essere beccata senza. Quello in tutta risposta ti sbatte gli occhi. Ma che gli è preso a tutti quanti oggi? Sei così di buonumore che ti sembra sia scoppiata la pace nel mondo, l'armonia universale, la gioia cosmica.

Poi, volendo dire proprio tutto, hai perso persìno mezzo kilo. Ti senti leggera. Cinguetti. Dici e pensi cose allegre. Guardi fuori, ascolti. Aiuti le vecchine alla fermata. Sorridi a tutto e tutti. Sei come santa.


Vai a prendere il piccolo al nido e grasse risate con i maestri, con le mamme, con i bimbi. Soprattutto quel bimbino là che si chiama J ed è il compagnuccio preferito di Pisti, e tu te lo porteresti a casa, te lo mangeresti di baci. Che buon gusto ha tuo figlio!
Torni a casa e appendi i panni, fai il cambio degli armadi, metti su le pentole per la cena, per il pranzo di domani, per i pasti dei prossimi 4 giorni. Congeli tutto, poi scongeli altro, metti tutto a tavola, al centro una rosa rossa (esagerata, questa non é vera, ma ce la vedevo bene sul tavolo...).

Stasera metti a letto tu la belvetta e una volta tanto la giornata non é mica finita qui, capisci ammé.....


A ripensarci ti sembra tutto molto strano e bellissimo, non é neanche primavera. Oh no che non lo é. E' che tu, amica mia, la primavera oggi ce l'hai dentro: tu stai ovulando. Le femmine intorno a te, magari lo sanno anche. Alla lunga si ovulerà tutte insieme, almeno così vorrebbe una teoria. Secondo me è questione di sopravvivenza.


Ma la domanda impellente é, ma voi maschi, quando vedete intorno a voi una donna così, perché io non ci credo che sono l'unica a vivere queste esperienze trascendentali, ogni mese, ma voi, la guardate e pensate Beccata! tu stai ovulando! ? Oppure io vi ho appena svelato l'arcano?



Poi c'è l'altro lato della medaglia. Mi fa fatica descriverlo, tanto è l'esatto contrario. Pessimismo cosmico e fastidio. Quando tutto un disastro, ti senti brutta, grassa, triste e pure antipatica. Ma perché sei così antipatica? Ma perché le persone ti parlano??

Un brufolo sul mento, sei gonfia e per niente tronfia. Una fame atavica e pure una voglia svizzera di cioccolato. Ma anche di fuggire, essere altrove. Anche non essere proprio, persìno. Odi tutto e tutti, ma al di sopra te stessa. Sei un essere inutile, insulso e persìno maledetto.

Tu te lo dimentichi ogni mese cosa ti aspetta il successivo, in barba al calendario, ma amica, dai retta a me, tu stai solo per sanguinare. Mortacci. Al più tardi domani tu mestruererai. E tirerai un sospiro di sollievo che lèvati: ah ecco che era, vabbè ma allora ditelo. Mi iberno e ci rivediamo tra qualche giorno. Tanto tra due settimane potrò smaltire il lavoro di tutto il mese. Lo dicevo io che ci vorrebbe il part time superverticale. Oppure una vita a metà ciclo. Risolto ogni problema.


Per amor di precisione e di complicatezza questi due fenomeni chez la femme Squabùs sono calmierati ed esacerbati da altre due influenze meteorologico-astrali. Il sole/cielo-grigio e la luna. 
Se capitate vicino a Squabus il cielo grigio, la luna piena, nei dintorni un giorno di pre-mestruo... ecco scappate, che è come dire che sta per scoppiare la bomba atomica. Avvertiti. Se capitate col sole, la luna piena, ma a metà ciclo, Squabus potrebbe persìno salvarvi la vita o darle un senso, perchè è taumaturgica, magica, santa... divina proprio.


Ora su un tono leggermente più serio, lo so bene che ci sono donne che prova a dir loro: ma che c'hai le tue cose, si incazzano da morire. Odiano il clichè, non sono vulnerabili al potere dell'ormone oppure lo sono ma sono convinte che l'oggetto del contendere, discutere, etc sia sempre sacrosanto e non abbia a che vedere con la loro fase ovarica.  Nel dubbio meglio non scherzare mai con queste donne.





Invece l'eccessiva sensibilità al ciclo mestruale è una problematica reale, in inglese suona così: Premenstrual dysphoric disorder (PMDD). Può essere molto invalidante e non è la semplice sindrome mestruale di cui soffriamo tutte, o quasi.
Per esempio se la vostra più che la vita serena di una giovane donna nel fiorire dei suoi anni, vi pare più quella di Dr Jekyll e Mr Hyde, a seconda della fase in cui state, potrebbe valere la pena lavorare seriamente sul calendario e su alcuni accorgimenti.

Poi, certo, ci sono donne di cui sopra che sono esenti dal potere dell'ormone, è possibile. Oppure il potere della loro mente è più forte (che noia...) Oppure, più probabile, morirebbero piuttosto che ammettere la sua esistenza.  Come se il femminismo implicasse persìno la libertà dalla chimica, dalla biochimica e dalla fisiologia. Vero femminismo per me invece è decretare l'Hormon Power. Potere alle donne nel metà ciclo. Quelle a fine ciclo le mandiamo dove c'è da litigare. 

In effetti, le peggio cose che ha fatto nella vita, le peggio litigate, quelle che ancora ci pensa e dice ma perchè? Squabus le ha fatte in coincidenza ematico-astrale sfavorevole. Di solito implicavano un altro essere umano del segno dell'Ariete, preferibilmente di sesso maschile, come controparte nel litigio. Giusto per aggiungere un'altro elemento astrale influenzante, lo zodiaco, e perdere anche quel poco di credibilità che rimaneva, eventualmente. Chè, come dicevo, se la fase è di pre-mestruo, col cielo grigio e la luna piena, se poi siete persìno maschi e dell'Ariete, ascoltate a me: state alla larga. A meno chè non abbiate intenzione di far scatenare la quarta guerra mondiale, persìno.

06 November 2013

Volontà

Son stata ad un funerale oggi. Un ricercatore del mio gruppo, persona fantastica mi dicono. Io l'ho solo incrociato mentre lottava. Due anni di lotta e una voglia di vivere eccezionale, non poco più di un mese... e tutto il resto, come Lei.

Io non voglio essere seppellita. Voglio essere cremata e voglio che le mie ceneri siano sparse in mare. 
Lo diceva sempre, nei momenti di allegria. Contrasto agrodolce, tinte bianco e nero, come solo Lei poteva fare.

Non ha mai specificato quale mare, ma quando il momento di pensarci é arrivato, non avevamo dubbio alcuno su quale mare dovesse essere.

E' stato il grande ad occuparsi di tutti i dettagli burocratici. Io ero decollata da Linate, ironia della sorte malvagia e cattiva, esattamente alla stessa ora in cui lei decollava da questo mondo. Uno scherzo infame. La notizia mi raggiunse all'atterraggio. In forma di sms.


La mattina dopo avevamo la visita per il tri-test, il solo stupido motivo per cui eravamo tornati in Olanda. Li faranno bene anche in Italia i tri-test. Era il momento del prelievo del sangue, da una parte mi domandavo se tutta quella tristezza potesse falsare i risultati. Se lo stato di disperazione in cui mi ritrovavo potesse avere riscontri biochimici. Dall'altra il risultato di quel test non mi importava più. Per niente. In quel momento mi sentivo protetta. Come se quel pozzo nero senza fondo potesse tenere lontana ogni altra catastrofe. Il terrore, la ricerca ossessiva di tracce di sangue, sarebbero arrivati dopo, quando quella tristezza non finiva più e mi sfiniva, mi svuotava, mi devastava.

Ma sto divagando, naufragando in ricordi, luttuosi e fecondi al tempo stesso. Che sorte beffarda. Quanto tempo aveva aspettato e sperato che le dessi quella notizia. Un sms all'atterraggio, dicevo, la mattina dopo il test . E poi via, di nuovo a prendere, l'ennesimo, fottuto, aereo.


Burocraticamente parlando, pero', le ceneri non potevano essere disperse perché le sue volontà non erano state da lei espresse in forma scritta. Ci veniva da ridere perché Lei a noi lo aveva detto, ridetto e stradetto, fino alla nausea.

Fu cremata e le sue ceneri raccolte in una cassettina orribile garbata di cui mio padre é il custode. Quindi sbagliavo, in qualche modo neanche la morte li ha separati. Lui ci ha molto tenuto a tutti i dettagli, le ha fatto quasi un altarino. A modo suo, diciamo. Poi ha cominciato a sfinirci con il "ricordino". Una cosa che non avevo ispirazione di fare, in quel momento, e che mi sono sforzata di fare. Per Lui. Sedici pagine. Scoppio a ridere a solo pensarci. Si é mai visto un ricordino di sedici pagine? L'infinito senso di colpa che si materializzai n ogni millimetro quadrato di carta stampata. Poi mi chiese quanti ne volevo stampati per i miei amici. Dissi tre: uno per M., uno per la Carmen, uno per Sonrisa che vennero a starmi vicina al funerale, in quel giorno di fine luglio. Io pero' non glielo diedi mai il ricordino. Chissà magari invece ne avrebbero avuto piacere. M. si forse. M. le voleva proprio bene e Lei semplicemente la adorava . A M. il ricordino lo devo proprio dare, sono in ritardo di solo due anni...

Il ricordino...  Una sorta di poesia che ci misi tre mesi a scrivere, le foto della sua tesi di laurea, i suoi disegni, una foto, la preghiera del marinaio, Ma soprattutto, stralci delle cose strampalate che scriveva.

La persona che mi ha insegnato

più di qualsiasi professore è mia nonna M

della quale porto anche il nome;

(...)

 è mia nonna, anche se è morta nel 1977,

perché nella mia filosofia ……

si vive sempre nel ricordo degli altri …..

ed è un credo anche questo ……

la morte non esiste.


Diceva sempre nonna M……

quando muoio io dovete vestirvi di rosso

e non mi dovete piangere,

ma «se vi sciarriati» [se litigate],

esco dalla tomba e «vi ffugu» [vi affogo].


Dopo aver sbrigato alcune pratiche, siamo partiti per quel mare. Non abbiamo parlato di lei. Non ne eravamo in grado. Ma essere su quel mare li' ci é sembrata la cosa migliore che potessimo fare.


Lui non ci ha pensato neanche un attimo ad andare contro la legge, io e gli altri due invece siamo rimasti inquieti e nervosi. Pero' in fondo lo sappiamo tutti che quella cassettina un giorno scomparirà nel nulla, forse faremo una denuncia di furto fasulla, come per non lasciare un discorso in sospeso. Spero solo che sarà facile scassinarla e commettere questo allegro reato.

Immagino che quel giorno, se lei ci potrà vedere da laggiù, ci ringrazierà e riderà forte 
Finalmente, non ne potevo più.

Vivi nel mio ricordo, ogni giorno. Ci mettero' ancora parecchio tempo a circondarlo di pensieri sereni e di allegria e ad indossare quegli abiti rossi che avresti voluto. Ma ci riusciro'. E' una promessa.