25 February 2007

Ugo e la Pina a Little Italy


Era sabato. Con una macchina in prestito abbiamo percorso la quarantina di chilometri che ci separavano dal Tempestone bianco. Il chercheur mi ha lasciato guidare per le strade del Colorado, sonnecchiando sul sedile. Il sole era forte ed avevo dimenticato gli occhiali da sole, i miei occhi chiedevano venia. Non mi era mai successo prima di pensare annuvolati ti prego, pietà.
Viva il sole del Colorado [[e viva le birre del Colorado chebbbuone, consolano ogni frustrazione. Tornerò alcolizzata]].
Giornata ventosa, comunque, balle di polvere rotolanti.

Ripercorriamo la strada in senso contrario, il chercheur davanti col bestione, io dietro a subire il riverbero del sole contro le sue parti metalliche posteriori. Finchè al secondo rosso che chercheur e bestione bruciano, dico basta alle torture, supero e vado a guidare le danze, gli occhi a mezzaluna.
Stiamo uscendo dalla highway, siamo a Fort Nox, sul ponte di uscita, quando proprio alla fine della salita, vedo Tempestone rallentare, poi viene la discesa ed io non vedo piu' nulla. Freccia, accosto, aspetto, niente. Qualche lungo minuto. Faccio inversione, trovo il chercheur sguardo disperato, Tempestone è svenuto.
...chiamiamo il carroattrezzi, lo portiamo da un meccanico, dove sapevamo sarebbe dovuto andare -non era in perfettissime condizioni- ma non così presto. Ci sentiamo Ugo e la Pina e ci ridiamo sopra, machissenefrega.
Sorridiamo ma siamo depressi e frustrati. Decidiamo di andare alla festa di italiani a cui siamo stati invitati. Ad una festa ci sarà birra, mi dico. In breve veniamo catapultati in un mondo surreale. Nienteaffatto only-Italy, siamo troppo pochi per fare una festa. Un giorno un collega indiano mi chiede se conosco Michele, il successivo vengo invitata alla festa, tra gli invitati nella mail c'è quello stesso Michele.
Il padrone di casa ci viene a prendere, dovevamo essere motorizzati oggi, sai, invece no. In macchina ci presentiamo, è napoletano, ha aperto una pizzeria in città, non sa neanche lui se ha passato più tempo in Italia o negli usa, parla come Troisi, e poi come Pacino nel padrino. Vuole raccontare. Parla, parla. Dieci parole in italiano, tre in inglese ed a volte viceversa. Erano tutti hhhappy. Mia madre s'è rotta the knee. Passiamo a prendere un tizio rumeno, un folletto. Sessanta anni, piccolo e nervoso, barba e capelli lunghi. Ha passato dieci anni in un circo poi si è fatto male ed è diventato chiropratico, fisioterapista, una cosa così. Si siede in macchina e mostra la maglietta celebrativa dei suoi sessanta anni. Rappresenta lui in verticale. Quasi subito si scusa, dice vi devo avvertire che sono parecchio ubriaco. Non beve acqua, dice il pizzaiolo a mo' di spiegazione. Il folletto lo corregge, bevo 1 gallone (circa 4 litri) di acqua all'anno. Per il resto tequila. Parla italiano, non benissimo ma quello che dice è forte ed incisivo, si fa capire. Durante la festa verrà avvistato alternativamente bere, impartire qui e là esercizi di allungamento e flessibilità, stare in verticale su una mano su una sedia, alle prese con l'hula hop che non gli riesce, dire 'mi sono dimenticato di invecchiare'.
La festa è in questo gelido seminterrato, c'è una sorta di ciringuito in un angolo, una strutturina di legno con paglia. La moglie del pizzaiolo ci chiede che vogliamo bere, alle pareti ci sono applicazioni simulanti finestre su un paesaggio tropicale, pappagalli, palme. Nell'altro angolo c'è un biliardo e un biliardino (calcetto, balilla, come lo chiamate). Gente che gioca, musica disco. Più tardi partirà il karaokee. La mamma della moglie del pizzaiolo, che sembra una quindicenne ha cucinato arancini, melanzane alla parmigiana, crocchette, pasta al forno, cannoli alla siciliana. Tutti le fanno i complimenti ed anche io, tutta quella fatica. Ma odo i miei avi piangere dall'oltremondo. La cuoca, che di anni ne ha quarantotto, ci imbastisce su quando faceva la manager a Milano e su come le sue coetanee siano noiose, perchè lei è gggiovine dentro. Ma lei è quella più comprensibile e 'lineare' nel guazzabuglio della festa. Per il resto, io ed il chercheur ci cerchiamo con lo sguardo, ogni tanto. Ci diciamo con gli occhi sono tutti pazzi, che bello.

4 comments:

  1. Niente di peggio di quelli che siccome sanno che sei italiano pretendono di farti da mangiare all'Italiana. E' un modo per essere gentile, ma ho mangiato delle cose davvero cattive. Una mia amica mi ha fatto i tortellini. li ha scolati e lasciati nello scolapasta almeno 40 minuti prima di condirli. Alla fine quasi ti piaceranno.
    Courage!

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  2. Forse il peggio sono quelli che, sapendo che sei italiano/a, danno per scontato che tu sappia cucinare benissimo. Chiedono consigli culinari, si auto-invitano a cena... mettendomi in terribile imbarazzo, visto che non sono una gran cuoca!

    Erica

    p.s. Ho aperto un blog, niente di speciale, solo qualche istantanea degli ultimi mesi tokiensi.

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  3. Purtroppo in 'sto caso la cuoca era italiana... ma vuoi la difficoltà nel reperire gli ingredienti originali, vuoi che ha cucinato pietanze lontane dalla sua cultura (non mi è sembrata una donna del sud)... vuoi che ha pensato sono italiana cucino per forza bene??? Insomma un po' triste relativamente alle mie memorie gustative. Pero', Fede temo tu abbia ragione, mi sa che già mi si sta resettando la memoria gustativa. Mi piacerebbe sapere che effetto mi farà la prima pasta asciutta e parmigiano al ritorno in terra natìa...

    zazie/erica corro subito a trovarti!

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  4. Grazie per la visita.
    Anche io non vedo l'ora di andare nel nuovo mondo, anche se non ho ancora ben idea di cosa sia, anche se quando guardo la cartina e vedo dove si trova la mia (futura) nuova isola mi viene un brivido pensando a quando sia lontano da tutto.
    e.

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Io lo so cosa stai pensando.
Lo scrivo, non lo scrivo, quasi quasi lo scrivo. Ma no dai...
E' lo stesso che penso anche io quasi ogni volta.
Ma tu prova, prova a lasciare una traccia.
Non sarà invano.

Prova pro-pro-prova