31 August 2006

Della ricerca, finalmente


L'altra sera si era a cena dal chirichetto linuxiano, tre fisici ed una squa a mangiare spaghetti con la 'nduja.
Era una cena di addio al terzo fisico che parte per l'ennesimo post-doc. Israele. Un anno.
Neanche lo sapevo.
Mi si è gelato il sangue.

La comunità dei ricercatori è un po' bizzarra... io quel post sulle femmes de chercheurs, ce l'ho ancora nel cassetto e no, non credo sia arrivato il momento. Mi salgono le lacrime agli occhi al solo pensiero, non sono pronta. Forse non dovrei più essere una femme de chercheur per trovare il 'coraggio'. Siccome non immagino il mio Chercheur ne chercher plus e non voglio immaginare una me senza il suo Chercheur, porterò pazienza al non essere in grado di scriverne. Però un piccolo tributo al terzo fisico che, forse proprio adesso, è in viaggio per Israele, per quanto sono in grado, mi sento in dovere...

La comunità dei chercheurs è un po' bizzarra, tentavo di dire.
A meno di innamoramenti platonici reciproci, si cerca sostanzialmente di mantenere un po' le distanze, una volta che si ha qualche anno di esperienza.
E' troppo duro il momento degli addii.

Una macroscopica classificazione distingue i ricercatori totalmente in trasferta, come il chirichetto, e quelli che un pezzo di vita gli è trasfertato vicino, come il mio Chercheur. Il chirichetto, ad esempio, vive qui da due anni (non sbaglio G.?). Ha appena ottenuto un anno supplementare di borsa di studio e te lo dice con un fondo di amarezza negli occhi. La sua chirichetta vive a qualche centinaia di chilometri di distanza. La struttura ferroviaria italiana non le ha certo semplificato (e rallegrato) la vita a questa sfortunata femme de chercheur. Per venire a trovarlo le tocca passare da milano rogoredo (e giù battutacce che vi risparmio sulla simpatia del luogo), pur venendo da moooolto più a sud. Non è una vita facile, no. La fidanzata del chirichetto ha quello che si chiama un lavoro 'normale', tot ferie all'anno, da concordare col dovuto anticipo e via dicendo. Meno male che un chercheur, invece, si può ancora permettere di dire: la settimana prossima sarò in vacanza, lavori in corso permettendo. Sarebbe una vita impossibile, altrimenti.

Una, dopo che ha trovato un posto fisso, non è che può mollare tutto per giocare a girare il mondo, un anno qui, quello dopo chissà... comprensibilissimo. [Una come dire uno: esistono anche les hommes de chercheuses, anche se ne conosco meno. Per finire e non se ne parli più, ci sono anche le couples de chercheurs ed in genere sono le storie più tristi...] Che poi ci siano quelle che, evitando accuratamente il posto fisso, se ne vanno (allegramente o meno) in transferta pure loro, è tutto un altro paio di maniche. Ci sarebbe da smobilitare passioni, fantasmi, questioni esistenziali e chissà cos'altro. Nonostante tutto, a me sembra più comprensibile e 'normale', non andarci, in trasferta. Mi sembra sintomo di una più florida salute mentale. E non divaghiamo oltre, vah, che mi pare più saggio.

Quelli totalmente in trasferta che se lo possono permettere, poi, appena è fattibile tornano in patria, oppure la fidanzata è venuta a trovarli ed allora gli lasci un po' di intimità, chè per vedersi sono passati per Milano-rogoredo e se la meritano. Quindi non è che ci si veda proprio regolarmente.

Nell'altra macrocategoria c'è chi s'è visto un pezzo di vita 'trasfertare' vicino vicino, si diceva. Son coppie difficili anche quelle, non si creda, più chiuse, più mi tengo stretto il mio pezzo di 'normalità', di continuità perlomeno. Non voglio conoscerti troppo, non entrare troppo, stammi un po' più lontano. Non ne voglio sapere di addii.
E quindi non sapevo, no, che il terzo fisico era in partenza. Una persona piacevole ed interessante, alla quale non ho concesso il lusso delle mie lacrime, di un addio più duro e triste. Ho pianto un pochino invisibile. Del contraddittorio -Te ne vai e neanche ti ho conosciuto-. Mai contente.

Eppure, non si creda che ci sia né una punta di snobbismo. A me mi piace tanto stare in mezzo ai fisici. Quando parlano di cose che conoscono bene, un po' meno... non si capisce nulla, riescono a tirare fuori frasi che manco un film di fantascienza... e fanno sul serio. A volte mi mangio le mani di non averle scritte ché non ce le si può ricordare. Come quella volta alla scuola estiva, si guardava le stelle al telescopio e il gruppo di astrofisici se ne andava dissertando in fisichese spinto. Così seri e buffi.
No, quando si parla di solitoni o trappole per il rubidio mi annoio infinitamente. Ma quando si parla di qualcosa che non dominano a fondo, sono meravigliosamente, poeticamente divertenti. Marmocchi che giocano e potrebbero giocare per ore. Si è lì a cena, si parla di non-so-più-chè, forse il codice da Vinci, il cenacolo, Leonardo, la camera oscura. Et voilà, un attimo dopo ci si ritrova al buio, si accende una candela, si cerca di riprodurre la cosa, di capirla. Io in realtà li guardavo solo, febbricitante, e sorridevo. Eran lì che giocavano, il mio chercheur, il chirichetto ed il terzo fisico, che due giorni dopo partiva per Israele. E non ne era affatto contento.


E tu, chirichetto, che dicevi non parli mai di noi... è che fa un po' male. Io per me, sono riuscita a farmi piangere anche fuori. Voi, fate un po' voi.

Vado a consolarmi con la torta di pere di fatto, poi mi metto a stilare la lista delle cose da portare al giro in bici di questo week end, giuro.

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